Roma, 29 ott. (LaPresse) – “Ho vissuto momenti di fortissimo dramma interiore e ho cercato con tutte le forze di apparire distaccato e ugualmente rispettose del ruolo di garante delle regole. Spero di esserci riuscito. Ho tenuto tutto dentro e devo dire grazie alla mia famiglia e a tutti coloro che mi sono stati vicini”. Così l’ex presidente del Senato Renato Schifani, in un’intervista a ‘Repubblica’, in merito all’archiviazione dell’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. “Oggi – aggiunge – mi volto indietro e mi stupisco della forza d’animo che ha sostenuto una grande sofferenza, alimentata dalla consapevolezza della mia totale estraneità. Ma non volevo iscrivermi al partito dei politici che per il solo fatto di essere sottoposti a indagini spesso polemizzano con la magistratura”.

“Durante il quinquennio del mandato, ispirato da ambienti inquirenti, – prosegue Schifani – ho suggerito al relatore del pacchetto sicurezza, l’allora senatore Carlo Vizzini, la norma che ha introdotto il sequestro dei beni leciti in sostituzione di quelli venduti a terzi dai mafiosi. L’ho fatto con riserbo istituzionale, sapendo di venire incontro alle esigenze di alcune procure impegnate in prima fila contro la criminalità organizzata. Avrei avuto gioco facile nel rivendicare quella norma nel momento in cui ero indagato: non l’ho mai fatto. Lo dico oggi per la prima volta”.

“Ho apprezzato Andreotti che non ha mai reso dichiarazioni polemiche nei confronti della magistratura. Ma mi sono ispirato alla mia coscienza, al mio ruolo di uomo di diritto e di seconda carica dello stato. Ero e resto fermamente convinto che i procedimenti penali si rispettano”, conclude Schifani.

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