Roma, 18 ott. (LaPresse) – “Non credo davvero che una legge di stabilità che distribuisce risorse alle imprese, senza porre alcun vincolo per cui queste risorse siano destinate a investimenti e innovazione, sia espansiva. Quel che è certo, invece, è che si tratta di una manovra che non mette al centro il lavoro e la creazione di lavoro, ossia proprio quello di cui l’Italia ha più bisogno”. Così la segretaria della Cgil Susanna Camusso in un’intervista su La Stampa di oggi. “E’ indubbio – ha aggiunto – che l’Italia abbia un carico fiscale molto alto. Ma, lo ripeto, non esiste nessuna prova che abbassare questo carico sulle imprese porti a miglioramenti sull’occupazione. E per quel che riguarda i lavoratori mi pare che non siamo certo a un alleggerimento fiscale. Anzi”. “Penso – ha spiegato Camusso – alla tassazione annunciata sulla previdenza complementare, che da quel che si legge salirebbe dall’11,5 al 20%, colpendo così una forma di risparmio. E anche al fatto che i soldi del Tfr messi in busta paga verrebbero tassati con le aliquote normali, più alte di quella agevolata propria del Trattamento di fine rapporto”.
“Sentiamo dal governo – ha proseguito la leader della Cgil – la demagogia del ‘meno tasse’ e intanto continuiamo a essere il Paese che ha l’imposta di successione più bassa e dove i proprietari di un appartamento sono in proporzione più colpiti di chi ha enormi patrimoni immobiliari. Io ascolto ogni giorno cassintegrati o disoccupati che non sanno più come pagare le imposte sulle loro case. Di fronte a questa situazione una patrimoniale avrebbe senso e darebbe un forte segno di equità”. Parlando invece della situazione delle Regioni, Camusso ha detto che “con tagli per 4 miliardi o aumentano le tasse o, a loro volta, ridurranno i servizi ai cittadini nella sanità e nei trasporti. E siccome il prossimo è un anno elettorale per molte Regioni penso che non alzeranno le tasse ma sceglieranno di tagliare questi servizi”.
A proposito del premier, infine, Camusso ha concluso dicendo che “qualche mese fa diceva ai giovani che non dovevano accettare di avere meno diritti e adesso disegna un modello sociale diseguale quanto quello che voleva cambiare”.
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