Dalla nostra inviata a New York Nadia Pietrafitta
New York (New York, Usa), 24 set. (LaPresse) – Le sfide dell’Italia sotto i riflettori Usa. Per Matteo Renzi, in missione negli Stati Uniti da lunedì, arriva la prova del Counsil of Foreign relations. “E’ arrivato con un mandato chiaro perché ci sia cambiamento” esordisce, presentandolo, Ruth Porat, Chief Financial Officer e vice presidente esecutivo di Morgan Stanley, ricordando le sue origini da “rottamatore” e non disdegnando di sottolineare il numero di follower e tweet del premier. “Rappresenta la gioventù e l’ambizione, come nessuno nella storia italiana”, è la sviolinata. Il premier si cala nella parte, interviene in inglese (“ma è pessimo, magari mettete i sottotitoli”, scherza) e mette subito sul tavolo la sua tabella di marcia. “La prima cosa è cambiare il mercato del lavoro che ancora si focalizza sul passato”, mette in chiaro. L’obiettivo, spiega, è assicurare “semplicità” agli imprenditori e “sicurezza” ai lavoratori, non relegando a un giudice le decisioni su chi deve lavorare e chi no. Inevitabilmente, le polemiche di casa nostra sull’articolo 18 arrivano oltreoceano. Renzi concede un piccolo riassunto a chi lo ascolta (in prima fila c’è anche chi la storia la conosce bene, come l’ad di Fiat Sergio Marchionne) e racconta di una “sinistra radicale” impegnata a difendere uno Statuto dei lavoratori scritto 44 anni fa, quando “il mondo era diverso”. “La battaglia quindi – sottolinea – è a sinistra, e io sono il leader del Partito democratico non di quello repubblicano”, scherza.
RIFORMA LAVORO IRRINVIABILE. Il leader dem però si dice “ottimista” confidando in un Pd “che ha scelto di investire sul futuro” e non sul passato. L’ottimismo del premier deriva in realtà dalla consapevolezza di chi viaggia con una rotta già segnata, spiegata ai cronisti dallo stesso Renzi in mattinata, al Rose Garden, a margine dell’assemblea generale Onu. “Questa riforma del lavoro è assolutamente irrinviabile – scandisce -, lunedì in direzione presenterò le mie idee. Ci sarà il dibattito, si discute, ma alla fine si decide, si vota e poi si fa tutti nello stesso modo”. Il presidente del Consiglio descrive poi le altre riforme che intende portare avanti “per cambiare l’Italia”: quella istituzionale (il bicameralismo perfetto verrà superato “in meno di un anno”, assicura), quella elettorale (“perché in Italia nessuno perde le elezioni”, mentre con il nuovo sistema “un vincitore ci sarà”), quella della pubblica amministrazione (fondamentale per “scardinare i poteri di veto”) e quella della giustizia, senza dimenticare le misure economiche (“credo che l’austerità sia un errore incredibile dell’Europa. Tra l’austerità e la crescita l’Italia è dalla parte della crescita”, è la sottolineatura che dall’uptown newyorkese il premier recapita a Bruxelles) e quelle per la crescita (“l’Italia è aperta al business, non mi interessa il passaporto degli investitori”). E se la tabella di marcia è chiara, il premier non dimentica di avere un ‘tesoretto’ da far fruttare: “Ho deciso di investire il 41%” ottenuto alle scorse Europee “non per la mia carriera personale – forse perderò le prossime elezioni nel 2018 – ma ho deciso di cambiare il mio Paese per cambiare l’Europa”, insiste, confidando nel fatto che anche il Parlamento porterà avanti le riforme.
ASSIST A RENZI DI MARCHIONNE. Un incoraggiamento importante arriva a Renzi da Sergio Marchionne: “Ha un gran coraggio, non deve arrendersi. Spero che lo si lasci lavorare” perché “se fallisce” il rischio per l’Italia “è enorme”. E se la platea americana è generosa di applausi, è dall’Italia che arrivano le critiche più dure. L’editoriale scritto da Ferruccio De Bortoli sul Corriere della Sera non lascia troppe interpretazioni. ‘Lo ha letto?’, domandano i cronisti a Renzi. “Auguri per la nuova grafica”, la risposta. Non meno laconica la risposta dell’ad Fiat: L’editoriale sul Corriere? “No, non lo leggo mai”.
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