Genova, 13 ago. (LaPresse) – Altri 9 indagati per il caso delle baby squillo di Ventimiglia. La storia era emersa nel febbraio scorso: le due ragazzine dopo aver letto della storia delle due coetanee del Parioli a Roma, avevano cominciato a prostituirsi contattando i clienti tramite il web. L’indagine, coordinata dal procuratore aggiunto Vincenzo Scolastico e dal sostituto procuratore Pier Carlo Di Gennaro, si era chiusa con cinque clienti indagati che avevano avuto rapporti con le minorenni. Oggi gli agenti della del commissariato di Ventimiglia hanno chiuso la seconda parte dell’indagine consentendo alla Procura della Repubblica di Genova di iscrivere nel registro degli indagati altre nove persone per tentativo di prostituzione minorile, aggravato dal fatto di conoscere la reale età delle ragazzine.

La maggior parte degli indagati è residente in provincia di Imperia, ma perquisizioni sono state compiute anche ad Alassio, Vercelli e Como, con il sequestro, in molti casi, di materiale informatico. Dall’esame di centinaia di pagine di tabulati telefonici, dall’analisi dei computer delle ragazzine svolta in collaborazione con la squadra mobile di Imperia nei mesi scorsi erano emersi centinaia di nomi, poi vagliati attentamente fino a far emergere la responsabilità di alcuni di loro.

Si tratta di persone ‘normali’ e ‘insospettabili’ che custodivano i loro segreti in hard disk esterni e cellulari della cui esistenza spesso non erano al corrente nemmeno i familiari più stretti. E’ il caso di un giovane di Imperia che viveva con la madre, rimasta dapprima incredula davanti alle contestazioni dei poliziotti, poi esterrefatta davanti alle immagini che il ragazzo custodiva nel proprio cellulare e ricevute in cambio di ricariche telefoniche.

In un caso, invece, la buona fede è stata confermata: un uomo di circa quaranta anni, residente in provincia di Como, dopo aver letto il decreto di perquisizione, si è limitato ad aprire la porta di casa affermando che non soltanto non aveva né cellulare né computer, ma che, a causa del suo perdurante stato di disoccupazione, non aveva nemmeno l’allaccio della corrente elettrica, tagliata per morosità. In effetti è risultato poi che un suo vecchio cellulare era stato clonato e la sua identità utilizzata per contattare le minorenni, circostanze dalle quali è scaturito un nuovo filone di indagine.

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