Roma, 17 lug. (LaPresse) – La versione del Governo sull’espulsione di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, non cambia. Il ministro dell’Interno Angelino Alfano non era stato informato dell’accaduto. A ribadire la linea è prima il capo della Polizia Alessandro Pansa, autore dell’inchiesta interna sollecitata da palazzo Chigi. Il prefetto Pansa viene ascoltato dalla commissione Diritti umani di palazzo Madama. La relazione letta ieri alle Camere dal titolare del Viminale “credo sia più che esaustiva – esordisce – non credo di poter aggiungere altro, ma sono pronto a rispondere a tutte le domande”. I senatori ‘interrogano’ Pansa per oltre due ore. E’ vero, come sostengono i giornali, che il titolare del Gabinetto del ministero dell’Interno Giuseppe Procaccini (che ieri si è dimesso) sapeva e avvisò Alfano, per sua stessa ammissione? E’ la domanda più gettonata. “Procaccini non ha mai detto che il ministro Alfano era stato informato. Il ministro e Procaccini non sapevano nulla della procedura di espulsione”, sentenzia Pansa. Di più. Secondo la ricostruzione del capo della Polizia, il capo di Gabinetto “non ha potuto informare” il ministro dell’espulsione perché il dipartimento di Pubblica sicurezza “non glielo ha detto” ed è proprio questo “il problema” che il capo della Polizia “è chiamato a risolvere”. Il prefetto si dice pronto al “progetto di riorganizzazione” cui lo ha chiamato il ministro Alfano, ma considera “chiuso” il caso Shalabayeva per quel che riguarda la Polizia. Lo stesso, però, non può dire il Governo. La mozione di sfiducia contro il titolare del Viminale arriverà in Senato venerdì. Ad assumersi la responsabilità di una vicenda che conserva al suo interno “criticità e anomalie”, in prima fila nell’aula di palazzo Madama, ci sarà anche il presidente del Consiglio Enrico Letta, che ribadisce “l’estraneità” del ministro Alfano. “La stabilità politica è una questione fondamentale per noi – spiega il premier da Londra sperando che il messaggio oltrepassi la Manica – senza, non c’è crescita”. Il capo del Governo, in realtà, dovrà ‘tenere a bada’ soprattutto il suo Pd. Sempre di più, infatti, le voci all’interno del partito che chiedono la ‘testa’ di Alfano. La posizione del titolare del Viminale “è oggettivamente indifendibile – tuonano i senatori vicini a Matteo Renzi – chiederemo al Pd, nella riunione dei gruppi di domani, di sostenere la richiesta di dimissioni del ministro”. I renziani, comunque, non sono gli unici dissidenti tra i democratici. Sempre di più i parlamentari che fanno fatica “a non ricordare” il ‘sacrificio’ dell’ex ministro per le Pari opportunità Josefa Idem e sperano che “almeno” ad Alfano vengano tolte le deleghe da ministro. La decisione definitiva sulla posizione che prenderà il Pd sulla mozione di sfiducia arriverà domani, durante un’assemblea congiunta dei gruppi parlamentari di Camera e Senato. “Sono tranquillo – insiste Letta da Londra – non vedo nessun problema con il mio partito”. Il Pdl, dal canto suo, invita a non “strumentalizzare” la vicenda per far cadere il Governo. Governo, sottolineano a più riprese i berlusconiani, “di cui il Paese ha bisogno”. ‘Spaccato’ il fronte delle opposizioni, con la Lega che non voterà la mozione di sfiducia ad Alfano ritenendo che le responsabilità siano del premier e dell’intero esecutivo. Continuano a chiedere un passo indietro al titolare del Viminale, invece, Sel e M5S.
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