Roma, 3 ott. (LaPresse) – Sta bene, è sereno, anzi, per dirla con le parole del suo avvocato, Taormina, “sta una meraviglia”. Franco Fiorito da ieri è nel carcere romano di Regina Coeli, accusato di peculato. Si sta preparando all’interrogatorio di garanzia del gip, Stefano Aprile, che ieri ha firmato il suo ordine di custodia cautelare. Oggi l’ex capogruppo del Pdl in regione Lazio ha incontrato i suoi avvocati, Carlo Taormina e Enrico Pavia, per mettere a punto la sua strategia difensiva. “Risponderà alla domande del giudice”, dice Taormina entrando nel penitenziario annunciando quindi che il suo assistito non si avvarrà della facoltà di non rispondere, come sarebbe in suo diritto. L’interrogatorio è fissato per le 13. Intanto a piazzale Clodio il lavoro degli investigatori continua. Già ieri, come si è evidenziato nelle 29 pagine di ordinanza, i riflettori erano puntati sui collaboratori di Fiorito. Al momento chi indaga sta passando al setaccio le carte acquisite nel corso delle perquisizioni effettuate ieri e si soffermano su coloro che potrebbero aver usato indebitamente i soldi messi a disposizione dal politico.
Del resto è lo stesso gip Stefano Aprile, nell’ordinanza di custodia cautelare, a scrivere come i pm nella richiesta di arresto sottolineino che sono in corso “gli accertamenti necessari ad verificare se gli ulteriori fatti evidenziati da Fiorito abbiano una rilevanza penale”. Le due persone che sono sotto la lente sono soprattutto Bruno Galassi e Pierluigi Boschi, già segretari di Fiorito. Allo stato risultano indagati a piede libero per concorso in peculato per aver fatto i numerosi bonifici in contestazione al politico. Già sentiti dagli investigatori come persone informate sui fatti, si sono giustificati dicendo di aver eseguito delle direttive impartite da Fiorito, che era il loro superiore.
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