Roma, 1 ott. (LaPresse) – Nell’ultima rivelazione di Eurobarometer 2011, il 12% dei cittadini italiani si è visto chiedere una tangente negli ultimi 12 mesi, contro una media europea dell’8 per cento. E’ quanto si legge nel rapporto ‘Corruzione, le cifre della tassa occulta che impoverisce ed inquina il Paese’, presentato oggi a Roma da Libera, Legambiente e Avviso Pubblico. “In termini assoluti – recita il dossier – questo significa il coinvolgimento personale, nel corso di quell’anno, di circa 4 milioni e mezzo di cittadini italiani in almeno una richiesta, più o meno velata, di tangenti”.

Logico quindi che 10 miliardi di euro, in termini di Pil, vadano in fumo ogni anno a causa della corruzione. “La corruzione nel nostro Paese – si legge nel rapporto – è a livelli mastodontici e può crescere ancora, se non si contrasta in modo netto, senza mediazioni, con volontà politica concreta, che vada al di là delle parole”. Un ‘peso’, quello della corruzione, pari a una perdita di circa 170 euro annui di reddito pro capite e ad oltre il 6% in termini di produttività. “Se il costo diretto della corruzione, stimato all’incirca in 60 miliardi di euro è un fardello pesante per i disastrati bilanci dello Stato – prosegue il dossier – ancora più allarmanti sono i danni politici, sociali e ambientali: la delegittimazione delle istituzioni e della classe politica, il segnale di degrado del tessuto morale della classe dirigente, l’affermarsi di meccanismi di selezione che premiano corrotti e corruttori nelle carriere economiche, politiche, burocratiche, il dilagare dell’ecomafia, attraverso fenomeni come i traffici di rifiuti e il ciclo illegale del cemento, che si alimentano quasi sempre anche grazie alla connivenza della cosiddetta ‘zona grigia’, fatta di colletti bianchi, tecnici compiacenti, politici corrotti”.

Particolarmente allarmante quella che Libera, Legambiente e Avviso Pubblico definiscono ‘corruzione ambientale’. “Sempre più spesso – denunciano le tre associazioni – attività illegali come il traffico illecito di rifiuti o l’abusivismo edilizio, magari ‘rivestito’ con il rilascio di concessioni illegittime, sono accompagnate da un sistematico ricorso alla corruzione di amministratori pubblici e rappresentanti politici, funzionari incaricati di rilasciare autorizzazioni o di effettuare controlli”. Dal primo gennaio 2010 al 30 settembre 2012 sono state 78 le inchieste relative ad episodi di corruzione connessi ad attività dal forte impatto ambientale. Le inchieste hanno riguardato il ciclo illegale dei rifiuti (dai traffici illeciti agli appalti per la raccolta e la gestione dei rifiuti fino alle bonifiche), il ciclo illegale del cemento (dall’urbanistica alle lottizzazioni, dalle licenze edilizie agli appalti pubblici), le autorizzazioni e la realizzazione di impianti eolici e fotovoltaici, le inchieste sulle grandi opere, le emergenze ambientali e gli interventi di ricostruzione. Sono 15 le Regioni coinvolte nelle inchieste, con 34 procure impegnate, distribuite tra Nord (13), Centro (11) e Sud Italia (10). “Davanti a queste cifre catastrofiche – si legge nel dossier – la classe politica di questo Paese è chiamata a fare delle scelte chiare, nette e concrete. Non ci sono più alibi. Il tempo è scaduto”.

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