Milano, 2 giu. (LaPresse) – “La prima qualità di chi governa è la giustizia, virtù pubblica per eccellenza, perché riguarda il bene della comunità intera”. Lo ha detto papa Benedetto XVI, all’Arcivescovado di Milano, nel corso di un incontro con una rappresentanza delle autorità istituzionali, civili e militari, degli imprenditori e dei lavoratori, del mondo della cultura e dell’educazione della società milanese e lombarda. “Eppure – ha aggiunto il Santo Padre – essa non basta”. E’ fondamentale, ha spiegato, che lo Stato laico garantisca “la libertà affinché tutti possano proporre la loro visione della vita comune, sempre, però, nel rispetto dell’altro e nel contesto delle leggi che mirano al bene di tutti”. Una libertà, che costituisce, come sosteneva Sant’Ambrogio, “elemento discriminante tra i governanti buoni e quelli cattivi” e che “non è un privilegio per alcuni, ma un diritto per tutti, un diritto prezioso che il potere civile deve garantire. Tuttavia, libertà non significa arbitrio del singolo, ma implica piuttosto la responsabilità di ciascuno”.

In questo quadro, per il Santo Padre, si inserisce il ruolo dello Stato, che deve essere “a servizio e a tutela della persona e del suo ‘ben essere’ nei suoi molteplici aspetti, a cominciare dal diritto alla vita, di cui non può mai essere consentita la deliberata soppressione”. Uno Stato che deve essere “a servizio della famiglia”, di quella “fondata sul matrimonio e aperta alla vita”, e che deve garantire ai genitori “libera educazione e formazione dei figli, secondo il progetto educativo da loro giudicato valido e pertinente. Non si rende giustizia alla famiglia – ha detto il Papa – se lo Stato non sostiene la libertà di educazione per il bene comune dell’intera società”.

E’ importante che “quanti vogliono collaborare al governo e all’amministrazione pubblica” si facciano “amare”, come ricordano le parole di Sant’Ambrogio, perché ciò che li muove nel loro compito è “la volontà” di dedicarsi “al bene dei cittadini, e quindi una chiara espressione e un evidente segno di amore. Così, la politica è profondamente nobilitata, diventando una elevata forma di carità”. In questo percorso lo Stato “può essere affiancato da una “costruttiva collaborazione con la Chiesa, senza dubbio non per una confusione delle finalità e dei ruoli diversi e distinti del potere civile e della stessa Chiesa, ma per l’apporto che questa ha offerto e tuttora può offrire alla società con la sua esperienza, la sua dottrina, la sua tradizione, le sue istituzioni e le sue opere con cui si è posta al servizio del popolo”.

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