Roma, 8 set. (LaPresse) – Silvio Berlusconi avrebbe consigliato al telefono all’editore Valter Lavitola di non rientrare in Italia. A scriverlo è il settimanale L’Epresso, secondo il quale il 24 agosto, cioè due settimane fa, Lavitola avrebbe chiesto al premier “che devo fare? Torno e chiarisco tutto?” e Berlusconi gli avrebbe risposto “resta dove sei”. Non è andata così, risponde l’avvocato di Berlusconi, Niccolò Ghedini. “Con reiterate violazioni del segreto – dice – e comunque con violazione del divieto di pubblicazione, continuano ad uscire dalle indagini in corso a Napoli notizie ed atti, addirittura a volte in tempo reale rispetto agli accadimenti stessi. La notizia apparsa sul sito dell’Espresso che il presidente Berlusconi avrebbe detto al Lavitola di non tornare è del tutto assurda ed infondata”.

Semplicemente, aggiunge, “il presidente Berlusconi non avrebbe avuto motivo di consigliare a Lavitola di tornare precipitosamente in Italia, ritenendo quindi che potesse rientrare nei tempi dallo stesso già previsti ed evidentemente correlati ad impegni di lavoro”. “A quella data”, infatti, puntualizza, il 24 agosto, “non vi era alcun provvedimento custodiale nei confronti di Lavitola, che è stato emesso a distanza di quasi una settimana”.

Sulla vicenda interviene il legale dello stesso Lavitola, Gaetano Balice, che a LaPresse annuncia l’intenzione del proprio assistito di rientrare ma “non immediata”: “E’ vero – spiega – che Valter Lavitola è disposto a ritornare in Italia, sul piano processuale sarebbe la soluzione migliore. Ma deve essere accompagnato da un convincimento forte di chi è libero e che sa che dovrà invece trascorre un periodo pesante, breve o lungo che sia. Essere latitante – aggiunge – non conviene a nessuno, altrimenti la difesa potrà essere solo tecnica. Certo è un’opzione esistente, quella del rientro, ma non è immediata”.

Immediata la reazione dell’opposizione. “Più che smentire, Ghedini sembra confermare l’esistenza di telefonate recenti tra il presidente Berlusconi e Walter Lavitola”, dice la capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti. “La difesa d’ufficio dell’avvocato – aggiunge – del premier non fa alcuna chiarezza e non dà quelle certezze sulla trasparenza e la non ricattabilità richiesta ad un capo di governo. D’altra parte non è escluso che, proprio in quei giorni, Lavitola fosse a conoscenza della notizia, già in circolazione, dell’imminente richiesta d’arresto. E poi, davanti al Lavitola che si poneva il problema di rientrare per chiarire con l’autorità giudiziaria, quale capo del governo, rispettoso delle istituzioni, avrebbe consigliato di restare all’estero invece di presentarsi quanto prima?”.

“Se fosse confermata – dice il protavoce dell’Italia dei Valori, Leoluca Orlando – la telefonata intercorsa fra Lavitola e Berlusconi e pubblicata da ‘L’espresso’, sarebbe una cosa gravissima. Il capo del Governo avrebbe quindi incoraggiato la latitanza del faccendiere per salvaguardare se stesso e impedirgli di essere arrestato”.

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