Bangkok (Thailandia), 18 ago. (LaPresse/Reuters) – Continua in Thailandia la caccia a uno dei presunti responsabili dell’attentato di ieri a Bangkok, mentre le autorità non escludono alcuna pista sul gruppo che possa aver organizzato l’attacco, ancora non rivendicato. L’uomo ricercato è stato ripreso da telecamere di sorveglianza vicine al santuario di Erewan, dove una bomba è esplosa uccidendo 22 persone e ferendone 123. Il premier Prayut Chan-ocha ha promesso che le indagini per trovare i colpevoli saranno condotte il più velocemente possibile, parlando del “peggior incidente mai accaduto in Thailandia“. Tra i morti ci sono quattro cinesi, due da Hong Kong, un britannico residente a Hong Kong, quattro malesi, un singaporiano, un indonesiano e un filippino.

Le autorità cercano un uomo dai tratti asiatici, che prima dell’esplosione indossava una maglietta gialla. Nel video lo si vede mentre si avvicina a piedi con uno zaino in spalla, si ferma e poi se ne va senza più la sacca. Per le autorità potrebbe essere thailandese o straniero. E mentre la caccia all’uomo tiene alta la tensione, oggi nella capitale c’è stata un’altra esplosione. Di portata assai minore, tuttavia, perché non ha causato feriti. A provocarla è stata il lancio da un ponte di un ordigno, esploso in acqua alzando una colonna d’acqua.

La polizia, intanto, ha fatto sapere di non aver escluso alcun gruppo come possibile responsabile, inclusi elementi dell’opposizione al governo militare. Mentre il premier ha parlato solo di “gruppi anti-governativi là fuori”. Le autorità non escludono il fatto sia legato alle “persone di etnia uigura che, prima di questo fatto, la Thailandia ha rimandato in Cina”, ha detto il capo della polizia, Somyot Pumpanmuang. Lo scorso mese, infatti, Pechino ha rimandato in Cina 109 membri della minoranza musulmana. Sono centinaia, forse migliaia, gli uiguri fuggiti dalla Cina a causa della repressione di Pechino.

Un’altra ipotesi è legata alle Camicie rosse, movimento popolare di pressione che si oppone ai militari. Il golpe del maggio 2014 aveva spinto i sostenitori del Fronte unito per la democrazia contro la dittatura (chiamati Camicie rosse per il loro indumento simbolo) a scendere in piazza in proteste di massa. Molti furono arrestati e gli assembramenti di più di cinque persone furono vietati, impedendo di fatto nuove proteste. Quelle che le Camicie rosse tentarono di organizzare furono spente in pochi giorni. Le autorità ritengono anche improbabile che l’esplosione sia stata organizzata dai gruppi di ribelli islamici del sud del Paese, perché essi non agiscono praticamente mai al di fuori delle loro zone.

Gli attentati si sono verificati in un momento di incertezza sul futuro politico del Paese, che da anni trascina una lotta tra fazioni politiche per il controllo del potere, culminata nel golpe militare. Il Parlamento, nominato dalla giunta, voterà il prossimo mese sulla bozza di Costituzione. I critici parlano di una Carta non democratica e pensata per garantire il potere all’esercito, limitando l’influenza dei politici eletti.

Intanto, mentre la Cina ha chiesto indagini veloci e punizioni severe per i responsabili, 23 Paesi hanno pubblicato oggi avvisi per i loro cittadini che intendano viaggiare in Thailandia. In gran parte chiedono estreme precauzioni, mentre la Farnesina sul sito Viaggiare Sicuri ha chiesto “ai connazionali presenti a Bangkok di evitare la zona” dell’esplosione, “nel distretto centrale di Chidlom, nei pressi dell’omonima stazione della metropolitana e del tempio di Erawan”.

Il turismo è uno dei pochi punti forti dell’economia thailandese, in difficoltà oltre un anno dopo il colpo di Stato militare. Il settore costituisce circa un decimo dell’economia nazionale e il governo ha contato arrivi record quest’anno, dopo una grave riduzione ne 2014 a causa delle proteste e del golpe.

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