La Brexit senza accordo, ormai è una possibilità concreta. Al Senato Conte parla di rischio di "salto nel vuoto". Ma in Galles sono ancora più preoccupati: ecco perché

"Consideriamo l'appartenenza all'Europa parte irrinunciabile del programma di miglioramento delle condizioni socio-economiche dei cittadini italiani ed europei". Dice, abbastanza solennemente al Senato, il premier Giuseppe Conte. E, probabilmente, pensa anche a quanto la Brexit si sia dimostrata una fonte inesauribile di guai per la Gran Bretagna e per la stessa Unione Europea. Anche perché, domani e giovedì, nella riunione del Consiglio d'Europa, lo scenario più probabile è quello di un "no deal": nessun accordo e la Gran Bretagna se ne va se non da nemica, poco ci manca con tutte le dannate conseguenze del caso: dal movimento delle persone a quello delle merci; dal lavoro agli affari. "I tempi sono strettissimi, – ha detto Conte a Palazzo Madama – e dovremo lavorare tutti con buon senso per evitare un fallimento dei negoziati, che sarebbe un salto nel vuoto, con un effetto negativo per imprese e cittadini".

Di certo, anche due anni e mezzo fa (il referendum si è svolto il 23 giugno 2016), pochi avrebbero pensato che, oggi la rottura si sarebbe giocata su una questione di confini neanche fossimo ai tempi della prima Guerra Mondiale. Ma dietro ai confini (in questo caso tra le due Irlande, l'Europa Unita e la Gran Bretagna) ci sono questioni economiche e commerciali non di poco conto che vanno a sommarsi alle già complesse faccende relative al trattamento dei cittadini comunitari in Gran Bretagna, a quanto il Pese dovrà pagare per uscire dall'Unione, ai successivi accordi commerciali e sociali. La parola chiave, oggi, è Holyhead (Santa Testa, si potrebbe tradurre), una piccola città portuale gallese nella contea di Anglesay. Holyhead (in gallese Caergybi) si trova sull'omonima isola ed è collegata alla terraferma da un ponte su cui passa la ferrovia. Holyhead si trova a soli 117 chilometri da Dublino, capitale dell'Irlanda (per intenderci, lo stato sovrano che non ha mai pensato di andarsene dall'Unione Europea). Prima della Brexit non c'erano problemi. I confini erano poco più di un ricordo: tanto era tutta Europa senza dazi e dogane. Le merci andavano a Dublino o a Belfast (capoluogo dell'Irlanda del Nord, che, invece, fa parte del Regno Unito e che, quindi, con la Brexit si stacca dall'Europa) senza problemi e praticamente senza differenze.

Adesso tutto cambia: l'Irlanda del Nord non avrebbe voluto la Brexit (i suoi cittadini, come gli scozzesi, votarono al 56% "remain") ma ormai il dado è tratto e, ora, bisogna capire esattamente dove passano i confini: quello tra le due Irlande, quello tra l'Irlanda (Ue) e la Gran Bretagna e quello tra Irlanda del Nord e Gran Bretagna che, comunque, sarebbero insieme nel Regno Unito. Anche perché, molte compagnie stanno pensando a percorsi alternativi: dall'Unione Europea direttamente all'Irlanda (stato sovrano) senza dover passare per un territorio che diventerebbe extracomunitario con le inevitabili ripercussioni in termini economici e di lungaggini burocratiche. Ma Holyhead e un pezzo importante dell'economia del Galles risulterebbero tagliati fuori dai traffici. Per questo a Holyhead stramaledicono la Brexit.

La giornata a Holyhead è scandita dall'arrivo dei traghetti (almeno una ventina al giorno) che scaricano e caricano i camion. A centinaia i mezzi pesanti fanno la fila per imbarcarsi verso l'isola irlandese o scendere e continuare il loro viaggio verso il resto della Gran Bretagna o del continente. Ma è una fila sempre in movimento che non conosce importanti interruzioni "Se il primo giorno di Brexit i camion dovranno fare la coda, causeranno il caos, il caos assoluto e porteranno questa isola a un punto morto", dice Carwyn Jones consigliere della contea di Anglesay. E il deputato laburista Albert Owen ha detto che anche un ritardo di 15 minuti potrebbe creare una coda di camion di cinque chilometri che manderebbe all'aria l'intero sistema. "Il porto non reggerebbe", ha aggiunto.

Per questo, gli operatori stanno prendendo in esame una nuova rotta che collega direttamente l'Irlanda con l'Europa continentale e aggira la Gran Bretagna, con la Commissione europea che ha individuato  Zeebrugge in Belgio o Rotterdam nei Paesi Bassi come potenziali beneficiari. E anche all'inverso, per gli operatori di Bristol diventerebbe più comodo saltare il nodo di Holyhead e andare direttamente a Liverpool evitando i controlli doganali per attraversare l'Irlanda di Dublino che, con l'Unione Europea erano spariti. Ecco perché, a Holyhead (e non solo) tutti sono preoccupati sul tema del confine: un po' più in qua o un po' più in là, le cose (e i traffici) cambierebbero non poco.

La compagnia di traghetti Stena Line, operatore del porto di Holyhead, ha dichiarato ad AFP che "analizzerà la situazione" e "rivedrà i nostri affari di conseguenza" una volta che la situazione finale diventerà più chiara. Ma c'è anche chi vede in questa vicenda, un'opportunità. Nicholas Whatmore, direttore generale di RoadKing, che possiede ristoranti per autisti di camion che includono lavanderia e altre strutture, ha detto di aver visto Brexit come un'opportunità. Un confine segnalerebbe il ritorno dei duty-free sui traghetti e Holyhead potrebbe diventare una "fantastica" destinazione da crociera alcolica, ha suggerito. La compagnia di Whatmore sta investendo 5 milioni di sterline (6,5 milioni di dollari, 5,7 milioni di euro) nell'area locale per finanziare un hotel e una stazione di servizio. "Dove ci sarà un business in ribasso, ci sarà un'opportunità da qualche altra parte", ha detto

 

 

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