Stefania Battistini e Simone Traini avevano documentato le prime fasi dell'offensiva ucraina nel Kursk. Rai: "Violazione libertà di informazione"

A un mese dalla minaccia di un procedimento penale per “attraversamento illegale del confine” della Russia, Mosca ha inserito la giornalista Rai Stefania Battistini e il cameraman Simone Traini nella lista dei ricercati, assieme ad altri giornalisti stranieri. I due avevano fatto un servizio sulle prime fasi dell’offensiva ucraina nel Kursk, venendo aspramente criticati dalle autorità russe. La mossa ha portato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, a disporre la convocazione dell’ambasciatore della Federazione in Italia Alexey Paramonov “per manifestare la nostra sorpresa a causa della singolare decisione di Mosca di inserire la giornalista Battistini nella lista dei ricercati diramata dal ministero dell’Interno russo”.

Rai: “Violazione della libertà di informazione”

La Rai in una nota ha parlato di “violazione della libertà di informazione”, riservandosi di “operare in ogni sede per denunciare la decisione del governo russo a difesa della libera informazione e a tutela della propria giornalista e dell’operatore”. Caso vuole che il caso diplomatico deflagri nello stesso giorno in cui Mosca ha confermato di aver avviato la sua controffensiva proprio nel Kursk con “dieci insediamenti” che sono stati già “liberati dalle unità ucraine”, secondo il ministero russo della Difesa. Il primo a parlare del contrattacco era stato Volodymyr Zelensky. “I russi hanno iniziato una controffensiva”, aveva detto il presidente ucraino, aggiungendo che – tuttavia – “tutto procede secondo il piano ucraino”. Il ministro russo degli Esteri, Serghey Lavrov, da parte sua aveva affermato che l’esercito di Mosca sta “spingendo le forze armate ucraine fuori dalla regione di Kursk e continuerà a farlo, non ci possono essere dubbi su questo”.

Veicoli Croce Rossa colpiti nel Donetsk, tre morti

Zelensky ha anche denunciato “un altro crimine di guerra russo”, ovvero l’attacco di alcuni “veicoli della missione umanitaria del Comitato Internazionale della Croce Rossa (Cicr) nella regione di Donetsk”, cui è seguita la morte di tre operatori dell’organizzazione umanitaria. “Tre dei nostri dipendenti in Ucraina sono rimasti uccisi oggi dopo che un bombardamento ha colpito il luogo in cui era pianificata la distribuzione di aiuti in prima linea nella regione di Donetsk, mentre altri due colleghi sono rimasti feriti”, ha poi riferito il Cicr. Il raid è stato condannato “nei termini più forti” dalla presidente del Comitato, Mirjana Spoljaric. “È inammissibile che un bombardamento colpisca un sito di distribuzione di aiuti”, ha aggiunto. Un altro missile russo, ha riportato sempre Zelensky, avrebbe colpito una “nave cargo con un carico di grano destinato all’Egitto”.

Verso l’ok per l’uso di armi occidentali in territorio russo

Il leader ucraino da giorni sta cercando di ottenere il via libera dai partner occidentali per attaccare in Russia obiettivi militari con i missili a lungo raggio forniti dagli alleati Nato. L’argomento potrebbe essere discusso nell’incontro a Washington tra il presidente americano, Joe Biden, e il premier britannico, Keir Starmer, dopo che i titolari delle rispettive diplomazie, Antony Blinken e David Lammy, hanno visitato Kiev. Ma Vladimir Putin ha avvertito che i Paesi occidentali non starebbero solo discutendo sull’uso di queste armi ma sulla loro partecipazione diretta al conflitto. Per Putin “le missioni di volo di questi sistemi missilistici possono essere effettuate essenzialmente solo dal personale militare dei Paesi della Nato”. Di conseguenza, ha osservato, “se questa decisione verrà presa, ciò non significherà altro che la partecipazione diretta dei paesi della Nato – Stati Uniti e Paesi europei – alla guerra in Ucraina“.

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