Il Cremlino insiste nel puntare il dito contro l'Ucraina per l'attacco alla sala concerti del Crocus City Hall

La Russia insiste nel puntare il dito contro l’Ucraina per l’attacco di venerdì alla sala concerti del Crocus City Hall alla periferia di Mosca e ora denuncia anche un coinvolgimento di Stati Uniti e Regno Unito. A lanciare le accuse, senza presentare nessuna prova, è stato il capo dei servizi di sicurezza russi Fsb, Alexander Bortnikov, che ha promesso “misure di rappresaglia”.

“Tutti coloro che sono coinvolti in questo saranno trovati e puniti”, ha tuonato. Bortnikov ha ricalcato la linea già espressa da Vladimir Putin lunedì: a suo dire, è vero che l’attacco è opera di islamisti radicali (ci sono diverse rivendicazioni da parte della branca afghana dello Stato islamico Isis-K), ma gli 007 ucraini avrebbero facilitato l’attentato. Poi si spinge un passo oltre: Kiev ha addestrato militanti islamisti in Medioriente, il capo della Direzione principale dell’intelligence ucraina (Gur) Kirill Budanov è per Mosca un obiettivo legittimo e dietro l’attacco ci sono anche Washington e Londra. E ancora: “Le prime informazioni ricevute dalle persone detenute in merito all’attentato terroristico” avvenuto a Mosca “confermano la traccia ucraina”. Il riferimento è ai 4 presunti responsabili, che sono comparsi in tribunale a Mosca domenica con gravi segni di percosse.

La smentita di Kiev è giunta a stretto giro: “dopo quelle di Putin” arrivano “ancora menzogne” in merito alla “traccia ucraina nell’attacco terroristico” a Mosca, ha commentato Mikhaylo Podolyak, consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. E il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha definito “fantascienza” le accuse “palesemente infondate” di Mosca a Usa, Regno Unito e Ucraina. Per il numero uno dell’Fsb, gli attentatori subito dopo l’assalto sarebbero stati attesi in Ucraina, dove avrebbero tentato di fuggire e “volevano essere accolti come eroi”.

Un’affermazione leggermente ridimensionata dalle parole del presidente bielorusso Alexander Lukashenko, secondo il quale “nei primi minuti” dopo il fatto gli assalitori hanno provato a fuggire in Bielorussia, ma temendo i rigidi controlli al confine bielorusso si sarebbero poi diretti verso il confine ucraino. L’attentato è giunto mentre la guerra della Russia in Ucraina è entrata nel terzo anno di guerra. A seguito dello sconfinamento di un missile nello spazio aereo polacco domenica nel corso di un massiccio attacco missilistico russo sull’Ucraina, la Polonia ha fatto sapere per bocca del suo viceministro degli Esteri che “all’interno della Nato” si sta valutando la possibilità di abbattere i missili che volano verso il territorio dell’Alleanza.

Intanto Kiev ha fatto sapere di avere messo fuori uso la terza nave da guerra russa nel Mar Nero, la nave d’assalto anfibia ‘Kostyantyn Olshansky’, attaccandola con missili Neptune. E Zelensky ha attuato un nuovo cambio ai vertici: Oleksiy Danilov dalla carica di segretario del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale dell’Ucraina e al suo posto è stato nominato Oleksandr Lytvynenko, che ricopriva la carica di capo dei servizi segreti esteri. Secondo quanto riferito da un deputato ucraino, Oleksiy Goncharenko, Danilov diventerà ambasciatore di Kiev in Norvegia. 

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