Il premier Benjamin Netanyahu sotto attacco delle opposizioni che lo hanno definito "l'anello debole" e hanno invocato "un governo nazionale di ricostruzione"

L’esercito israeliano ha completato la cattura della parte occidentale di Gaza City e ha “ripulito l’area da qualsiasi agente e risorsa di Hamas”. L’annuncio è arrivato dal ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant che ha poi assicurato che i militari sono pronti “alla fase successiva” dell’operazione di terra nella Striscia, senza precisare cosa questo significhi. Gallant ha lodato poi le truppe per aver ottenuto “risultati significativi” nell’ospedale di al-Shifa, da due giorni sotto assedio. Al suo interno, dopo aver perquisito piano per piano, i militari hanno affermato di aver trovato apparecchiature elettroniche e pc con foto e video degli ostaggi, precisando che si tratta di foto reperibili online che li ritraggono prima del rapimento. Tutti elementi che fornirebbero “informazioni chiare” sul legame tra l’attività di Hamas ad al-Shifa e la detenzione degli ostaggi. Le autorità palestinesi nel frattempo hanno denunciato la mancanza di acqua e cibo per medici e pazienti e la violenza delle truppe israeliane. “I soldati sono ovunque, sparano in tutte le direzioni”, ha raccontato alla Bbc un testimone che si trova ad al-Shifa, “le truppe hanno preso d’assalto tutti i reparti”, arrivando a distruggere il muro meridionale dell’edificio e decine di automobili.

Anche l’ospedale battista Al-Ahli a Gaza, secondo quanto riferito dalla Mezzaluna rossa palestinese, è sotto assedio. “È in corso un violento attacco”, ha fatto sapere l’organizzazione umanitaria sui social. “Negli ospedali della Striscia di Gaza non ci sono membri di Hamas o centrali operative, è solo propaganda da parte di Israele“, ha ribadito, parlando a LaPresse, il dottor Amjad Al-Dawahidi, membro della Mezzaluna rossa, attualmente nella sud della Striscia, dove le condizioni sanitarie dei rifugiati sono drammatiche. “Ci sono decine di casi di colera fra i bambini a causa dell’acqua non potabile e ce ne aspettiamo molti altri”, ha detto Al-Dawahidi. La causa è la mancanza di carburante per far funzionare le pompe di scarico. “Le strade di Rafah sono piene di liquami”, ha confermato il direttore dell’Unrwa, l’Agenzia della Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, Thomas White. In tutta l’enclave, ha fatto sapere il ministero della Sanità di Gaza, sono morti 200 tra medici e infermieri dall’inizio del conflitto. A causa della mancanza di carburante sono stati interrotti anche tutti i servizi di telecomunicazione. Un blackout che rende impossibile all’Onu “gestire o coordinare i convogli di aiuti umanitari” che per questo motivo non entreranno domani a Gaza dal valico di Rafah”. È un tentativo deliberato di strangolare le nostre operazioni e di paralizzarle”, ha accusato il capo dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa), Philippe Lazzarini.

Nel frattempo l’esercito israeliano festeggia i risultati sul campo. Le truppe hanno preso il controllo del porto principale di Gaza con un’operazione che ha portato alla distruzione di una decina di tunnel e di 4 edifici definiti “infrastrutture terroristiche”. Colpita anche la casa del leader di Hamas, Ismail Haniyeh, utilizzata, secondo Israele, “come luogo di incontro per gli alti funzionari dell’organizzazione”. Non però per Haniyeh che attualmente vive in Qatar.

I passi avanti dei suoi soldati non evitano però le critiche al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, sotto attacco dalle opposizioni che lo hanno definito “l’anello debole” e hanno invocato “un governo nazionale di ricostruzione in cui Netanyahu e gli estremisti saranno sostituiti”. “Netanyahu ha perso la fiducia dei suoi cittadini e la fiducia della comunità internazionale”, ha attaccato Yair Lapid, leader del partito Likud. Proprio in questa atmosfera sono arrivate le parole dell’Alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Volker Turk che ha affermato, durante un incontro a Ginevra che “le accuse estremamente gravi di molteplici e profonde violazioni del diritto internazionale umanitario richiedono un’indagine rigorosa e responsabile”. L’ambasciatore israeliano Meirav Eilon Shahar ha commentato: “Il diritto internazionale non è un patto suicida”, scagliandosi così contro chi critica “un Paese che deve difendersi e lo fa in linea con il diritto internazionale”. “Questo è un massacro”, è stata la replica invece dell’ambasciatore palestinese Ibrahim Khraishi, “questo è un genocidio, e lo stiamo guardando sulla televisione. Dovreste svegliarvi”.

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata