Il racconto di Nizar, 23 anni, studente di medicina, nato ad Al-Zahra a pochi chilometri da Gaza City

Lo scorso giovedì è stato il giorno più buio della mia vita. Immagina di assistere alla distruzione dei tuoi ricordi, del tuo futuro, della tua vita di duro lavoro. Mi stavo preparando per andare a dormire e all’improvviso ho sentito un ragazzo correre per strada e gridare ‘Ekhlooo, Ekhlooooo’, cioè evacuare”. Così a LaPresse Nizar (nome di fantasia), 23 anni, studente di medicina nato ad Al-Zahra, nella Striscia di Gaza, a pochi chilometri da Gaza City. Nizar riesce a raccontare la sua esperienza a Gaza dopo ore in cui ha tentato di inviare messaggi audio ma internet non funziona, al momento è a pagamento, e il cellulare è sempre scarico. “Da quel momento, è stato il panico”, spiega ancora a LaPresse, riuscendo a inviare dei messaggi.

“Qui non è normale essere chiamati ad evacuare, siamo stati fortunati, perché molte volte gli edifici vengono bombardati sopra le teste dei residenti”, spiega. “Siamo corsi in strada, non sapevamo dove andare, ci siamo messi in movimento, con migliaia di persone. È stata la peggiore esperienza della mia vita. Il suono del bombardamento era indescrivibile” aggiunge ancora.

E poi racconta della fuga di migliaia di persone dal Nord della Striscia: “Migliaia di persone se ne sono andate senza un posto dove andare, inclusi me e la mia famiglia, i miei 2 zii e le loro famiglie. Una cugina incinta e le mie due sorelle sposate con i loro 3 figli (il più grande ha solo 5 anni)” spiega. “Ce ne siamo andati senza prendere nulla e ora abbiamo freddo, non abbiamo nulla per coprirci. È la situazione anche di molte altre persone qui” aggiunge. Nizar. “Mentono, dicono alla gente di andare al sud, ma nessun posto è sicuro: molte persone che stanno evacuando dal nord vengono uccise nel sud. Nessun posto è sicuro”, ripete.

Il racconto della vita quotidiana è un quadro desolante: “E’ come vivere in una foresta, ogni giorno cerchiamo cibo e acqua per sopravvivere. Camminiamo per chilometri per questo, così come per caricare i telefoni, e spesso non troviamo nulla. Non c’è gas per cucinare, niente internet, niente elettricità. Anche gli ospedali sono senza elettricità, ormai lo sapete”, spiega Nizar.

“Questa non è una guerra tra Hamas e Israele. Non sono con Hamas, non lo sono mai stato e non lo sarò mai. Ma la mia casa è distrutta, i miei amici vengono uccisi e io ho paura” scrive ancora. “Voglio continuare la mia formazione, ero interessato alla ricerca, ero felice di condurla con i miei colleghi – dice parlando degli studi di Medicina -. Ma ora mi interessa solo la sopravvivenza della mia famiglia, mi interessa solo procurarmi acqua e pane ogni giorno, facendo ore di fila per averli. Basta, basta con questo inferno”.

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