Fusione nucleare, la svolta verso l’energia pulita

Fusione nucleare, la svolta verso l’energia pulita
This side-by-side comparison shows observations of the Southern Ring Nebula in near-infrared light, at left, and mid-infrared light, at right, from the James Webb Space Telescope. This scene was created by a white dwarf star – the remains of a star like our Sun after it shed its outer layers and stopped burning fuel though nuclear fusion. Those outer layers now form the ejected shells all along this view. In the Near-Infrared Camera (NIRCam) image, the white dwarf appears to the lower left of the bright, central star, partially hidden by a diffraction spike. The same star appears – but brighter, larger, and redder – in the Mid-Infrared Instrument (MIRI) image. This white dwarf star is cloaked in thick layers of dust, which make it appear larger. The brighter star in both images hasn’t yet shed its layers. It closely orbits the dimmer white dwarf, helping to distribute what it’s ejected. Over thousands of years and before it became a white dwarf, the star periodically ejected mass – the visible shells of material. As if on repeat, it contracted, heated up, and then, unable to push out more material, pulsated. Stellar material was sent in all directions and provided the ingredients for this asymmetrical landscape. Today, the white dwarf is heating up the gas in the inner regions, which appear blue at left and red at right. Both stars are lighting up the outer regions, shown in orange and blue, respectively. The images look very different because NIRCam and MIRI collect different wavelengths of light. NIRCam observes near-infrared light, which is closer to the visible wavelengths our eyes detect. MIRI goes farther into the infrared, picking up mid-infrared wavelengths. The second star more clearly appears in the MIRI image, because this instrument can see the gleaming dust around it, bringing it more clearly into view. The stars, and their layers of light, steal more attention in the NIRCam image, while dust plays the lead in the MIRI image, specifically dust that is i

L’annuncio degli Stati Uniti: i ricercatori del Lawrence Livermore National Laboratory della California hanno ottenuto più energia di quella impiegata per produrla

L’annuncio è di quelli “storici”. Una “svolta”, una “pietra miliare”. Gli scienziati statunitensi sono riusciti per la prima volta a dominare la fusione nucleare, l’energia che dà vita al Sole e alle stelle. I ricercatori del Lawrence Livermore National Laboratory della California hanno ottenuto, in una reazione di fusione nucleare, più energia di quella impiegata per produrla. E’ ciò che nel linguaggio scientifico si chiama “net energy gain”, un obiettivo inseguito per decenni dagli scienziati di mezzo mondo.

Dopo giorni di indiscrezioni e anticipazioni dei media Usa, è stata la segretaria all’Energia dell’Amministrazione Biden, Jennifer Granholm ad annunciare la “grande svolta scientifica” che apre la strada ad applicazioni nel campo della difesa e, soprattutto, nel futuro dell’energia pulita e sicura, prodotta a buon mercato e senza controindicazioni per la produzione di scorie nucleari. “E’ un traguardo storico per i ricercatori e lo staff del National Ignition Facility, che hanno dedicato le loro carriere a fare della fusione una realtà e questa pietra miliare darà il via senza dubbio ad altre scoperte”, ha detto la Granholm nel corso di una conferenza stampa a Washington, nella si è detta certa che il risultato raggiunto dagli scienziati Usa “finirà sui libri di storia”.

Washington - Il Segretario all\'Energia Jennifer Granholm annuncia un\'importante scoperta scientifica nella ricerca sulla fusione
Washington – Il Segretario all\’Energia Jennifer Granholm annuncia un\’importante scoperta scientifica nella ricerca sulla fusione

La speranza dei ricercatori è che la fusione possa un giorno produrre energia senza emissioni, in maniera pressoché illimitata, mandando definitivamente in soffitta i combustibili fossili e altre fonti di energia. E anche se le applicazioni pratiche dell’esperimento realizzato con successo in California sono ancora lontane nel tempo, non c’è dubbio che quello annunciato martedì è un primo passo fondamentale lungo la strada per il futuro. Si è trattato, ha detto la consulente scientifica della Casa Bianca, Arati Prabhakar, di uno “straordinario esempio di ciò che la perseveranza può ottenere”, oltre che un esempio della “potenza della ricerca e delle imprese americane”.

L’esperimento, realizzato il 5 dicembre scorso, ha impiegato 2,05 megajoule di energia ed ha prodotto un risultato di 3,15 megajoule di energia da fusione, generando cos il 50% in più di energia, rispetto al quantitativo impiegato per produrla. Per ottenere questo risultato sono stati impiegati 192 laser giganti che hanno bombardato un piccolo cilindro delle dimensioni di una gomma da cancellare, contenente un nocciolo di idrogeno congelato, incastonato in un diamante.

Cos’è la fusione nucleare

La fusione si ottiene pressando gli uni contro gli altri gli atomi di idrogeno, così da combinarli in elio, rilasciando enormi quantità di energia e di calore. Al contrario di altre reazioni nucleari, non produce scorie e, in caso di perdita di controllo del reattore, il processo va semplicemente a spegnersi, senza la reazione a catena che si avrebbe con le centrali a fissione.

Riccardo Betti, docente all’Università di Rochester ed esperto in fusione laser, ha paragonato la svolta a quando gli esseri umani impararono per la prima volta che raffinare il petrolio in benzina e accendendolo, si poteva produrre un’esplosione. “Ancora mancano il motore e le ruote. Non si può dire che abbiamo un’automobile”, ha detto alla Associated Press. Eppure, tutto il mondo ha salutato con entusiasmo l’annuncio degli scienziati americani.

© Riproduzione Riservata