La tv di Stato iraniana ha stimato in "milioni" la partecipazione alla cerimonia, dove l'ayatollah Khamenei è stato visto in lacrime
Folla oceanica a Teheran ai funerali del generale iraniano Qassem Soleimani, ucciso il 3 gennaio a Baghdad in un raid Usa voluto da Donald Trump che ha dato una scossa ai precari equilibri del Medioriente. L'Iran, che in risposta al raid ha annunciato domenica il ritiro dall'accordo sul nucleare del 2015, ha promesso di vendicare Soleimani e vuole il ritiro totale degli Stati Uniti dalla regione. Se non lo faranno "sperimenteranno un altro Vietnam", è la minaccia del primo consigliere dell'ayatollah Ali Khamenei, Ali Akbar Velyati. E si è spinto ancora oltre il comandante della forza aerospaziale dei Pasdaran, il generale Amir Ali Hajizadeh: "Lanciare un paio di missili, colpire una base e neanche uccidere Trump sarebbero sufficienti a compensare il sangue del martire Soleimani", ha tuonato.
La posizione di Teheran è chiara: via gli Stati Uniti dalla regione. Un messaggio esplicitato dal ministro degli Esteri Javad Zarif con una sfida aperta a Trump su Twitter. Ha pubblicato quattro foto della folla ai funerali di Soleimani e, chiamando in causa l'account ufficiale del presidente Usa ha scritto: Trump, "vuole ancora ascoltare i clown che le danno consigli sulla nostra regione?", "la fine della malefica presenza Usa nell'Asia occidentale è cominciata".
La tv di Stato iraniana ha stimato in "milioni" la partecipazione ai funerali, dove l'ayatollah Khamenei è stato visto in lacrime. Una stima da verificare. È vero che gran parte della società iraniana considera un eroe quel Soleimani ritenuto dagli Usa un terrorista che secondo Trump stava pianificando "imminenti" attacchi a personale statunitense. È anche vero però che, come sottolinea la Bbc, il generale – che guidava le forze di elite Quds ed era incaricato della protezione e del consolidamento dell'influenza dell'Iran in Medioriente (cosa che aveva fatto sostenendo Assad in Siria, aiutando Hezbollah in Libano e guidando gruppi miliziani iracheni contro l'Isis) – "faceva parte di un regime che ha ucciso decine di manifestanti alla fine del 2019 e ha speso molto denaro per consolidare alleanze e milizie in Libano, Yemen, Iraq e Siria in un momento in cui le sanzioni Usa stavano impoverendo molti iraniani".
Trump ha promesso che potrebbe rispondere "forse in modo sproporzionato" a un'eventuale vendetta dell'Iran e ha minacciato di colpire 52 luoghi iraniani, tra cui siti culturali. Un avvertimento che ha scatenato la reazione dell'Unesco: l'agenzia culturale Onu ha ricordato che i siti culturali non sono obiettivi e che prenderli di mira è un crimine di guerra in base alla Convenzione dell'Aia per la protezione dei siti culturali, del 1954. Le minacce di Trump all'Iran "non aiutano molto", ha sentenziato Heiko Maas, ministro degli Esteri della Germania, il cui Paese sta spingendo per una soluzione diplomatica (anche di Iran parlerà Angela Merkel sabato quando si recherà a Mosca dal presidente russo Vladimir Putin).
Sul fronte europeo la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha annunciato per mercoledì una riunione dei commissari, mentre venerdì è atteso un incontro dei ministri degli Esteri dell'Ue. Merkel, insieme a Macron e Boris Johnson, ha chiesto all'Iran di rispettare l'accordo sul nucleare del 2015. E a Bruxelles si è svolta anche una riunione d'emergenza degli ambasciatori della Nato, al termine della quale il segretario Jens Stoltenberg ha lanciato un invito alla moderazione. Intanto Trump minaccia sanzioni anche all'Iraq dopo che il Parlamento iracheno ha approvato una risoluzione che chiede di porre fine alla presenza di tutte le truppe straniere nel Paese.
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