Il musicista fermato pochi giorni dopo la pubblicazione della canzone 'Aach al chaab'. Nel pezzo la denuncia delle condizioni della gioventù marocchina e l'attacco al re Mohammed VI. La Direzione generale della sicurezza nazionale: "Il caso non c'entra nulla con il brano"
Si terrà il 25 novembre in Marocco l'udienza del rapper Gnawi, il cui caso fa discutere dopo il suo arresto dello scorso 1° novembre con l'accusa di insulti alla polizia, per cui rischia due anni di carcere. Il caso ha suscitato polemiche, in particolare, perché l'arresto è giunto pochi giorni dopo la pubblicazione della canzone 'Aach al chaab', in dialetto marocchino 'Viva il popolo', realizzata da un trio di rapper fra cui appunto Gnawi, che in poco tempo ha ottenuto oltre 10 milioni di visualizzazioni su YouTube. Il testo denuncia le condizioni della gioventù marocchina e attacca anche direttamente il re Mohammed VI, superando quelle che sui media marocchini vengono definite delle "linee rosse".
Un portavoce della Direzione generale della sicurezza nazionale (Dgsn) ha spiegato ad AFP che l'arresto "non ha niente a che vedere con la canzone" ma è legato a un video in cui il cantante insulta la polizia. Non la pensa così l'avvocato del rapper 31enne, che afferma che il suo cliente sarebbe perseguito proprio a causa della canzone. Sul caso si è pronunciata anche Amnesty International. Il dibattito è anche politico, con l'establishment che accusa la sinistra radicale di cavalcare l'onda dell'angoscia della gioventù marocchina cantata dal trio Weld Lagriya-Lazaar-Gnawi solo per tenersi in vita.
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