Un nuovo fronte sembra aprirsi nella guerra che dal 2011 devasta la Siria, con le truppe del regime di Damasco arrivate nel nord per affiancare le milizie curde nella difesa dall'offensiva turca. È l'effetto di un accordo tra Damasco e i curdi, che in cambio della protezione cederebbero zone chiave al regime di Bashar Assad. Dopo nove anni di guerra civile, che ha causato la morte di almeno 370mila persone e milioni di sfollati, i leader curdi hanno spiegato di non aver raggiunto l'accordo a cuor leggero: potrebbe minare la loro lunga lotta per l'autonomia e colpire le istituzioni che hanno faticosamente creato nella regione che controllano nel nordest della Siria (Rojava). "Meglio il compromesso del genocidio", ha affermato Mazloum Abdi, comandante delle Forze democratiche siriane (Sdf) capeggiate dai curdi.

Ankara ha lanciato mercoledì scorso l'offensiva contro quelli che considera "terroristi", le milizie curde Unità di protezione del popolo (Ypg) vicine al suo confine. Le Ypg sono state alleate chiave degli Usa e della coalizione da loro guidata nella lotta contro gli estremisti dello Stato islamico. E sono state abbandonate dalla Casa Bianca del presidente Donald Trump, che nell'annunciare il ritiro delle truppe statunitensi dalla Siria (che di fatto facevano da 'cuscinetto') ha aperto la porta all'offensiva che l'omologo Recep Tayyip Erdogan voleva da mesi. Inutili poi le dichiarazioni di condanna dell'offensiva e le minacce di sanzioni, Erdogan non arretra.

Quando il Pentagono domenica ha confermato il ritiro di mille militari dal nord, i curdi hanno siglato l'accordo con Damasco. E lunedì le forze Usa hanno confermato che resteranno solo 150 militari nordamericani nel sud siriano, ha riferito AFP. Nel frattempo, le autorità curde hanno ormai perso una striscia lunga 120 chilometri al confine con la Turchia e secondo l'Osservatorio siriano dei diritti umani almeno 130 combattenti delle Ypg e circa 70 civili (tra cui giornalisti e una nota politica locale) sono stati uccisi. Mentre resta concreta la minaccia della fuga degli jihadisti dalle carceri sinora controllate dai curdi. Almeno 800 familiari dell'Isis sono già scappati: i curdi hanno denunciato che è accaduto a causa dei raid turchi, Ankara afferma che siano stati gli stessi curdi a lasciarli andare come pressione perché gli Usa agiscano, tesi sposata da Trump.

Intanto, lunedì le forze pro-Ankara hanno dato l'assalto a Manbij, in mano ai curdi, appoggiati da raid dei jet turchi. E l'esercito di Damasco è entrato nella città. Secondo i media internazionali, la Turchia sta anche preparando l'assalto a Kobane. Più a est, l'esercito di Damasco ha detto di aver raggiunto Tal Tamr, avvicinandosi al confine. Intanto i turchi e loro alleati hanno preso Tal Abyad, uno degli obiettivi della prima parte dell'offensiva con cui Erdogan vuole creare una "safe zone" dove mandare parte dei 3,6 milioni di profughi siriani che il suo Paese ha accolto negli anni. Nel chiedere fondi, ha tuonato contro l'Ue, che ha condannato l'offensiva senza imporre un bando formale alla vendita di armi, come vari Paesi (Italia in primis, che ha deciso per l'embargo come Germania e Francia) volevano. Gli europei hanno concordato di applicare "rigidamente" la politica comune, che prevede le armi non siano vendute quando possono "contribuire all'instabilità regionale".

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