I nati poco prima o dopo il 2001 non hanno conosciuto il tempo prima del terrorismo. E nonostante non ci fossero, quel ricordo è quasi ingombrante. Parlano alcuni ragazzi americani nati intorno all'anno della tragedia

I programmi interrotti alla televisione, la telefonata di un parente, un aereo che si schianta su un palazzo. La notizia degli attacchi dell’11 settembre 2001 è arrivata mentre la vita scorreva. Da allora è un fantasma che aleggia nelle case, per le strade, con gli amici. Non importa che tu esistessi già.

Diciassette anni dopo quel giorno di fine estate dove morirono 2.974 persone, gli Stati Uniti ospitano una generazione nata e cresciuta dopo il disastro. Bambini e ragazzi che non c’erano, ma che sentono quasi ingombrante la presenza di quella tragedia nelle loro vite. “È conficcata nel retro della nostra testa”, racconta Jonathan Bales, classe 2004, di Culpeper, in Virginia. “È assurdo pensare che qualcuno abbia fatto questo al nostro Paese. Non ci pensi mai così spesso, ma sai che potrebbe succedere di nuovo”.

Per i nati poco prima o dopo il 2001 non esiste un prima, un tempo in cui non c’era il terrorismo. È stato l’evento che ha aperto la strada alla paura. “Ogni volta che si sente parlare di un incidente, di una sparatoria, di un attacco, la mente corre a quel giorno: il paragone scatta immediatamente”, spiega Mila McWilliams. L’11 settembre lei aveva poco meno di un anno. È nata nel 2000 nel Massachusetts dell’ovest. Non ha ricordi suoi degli attacchi, ma ne ha sentito parlare da sempre.

“La prima volta però che ho capito veramente cosa era successo avevo 8 o 9 anni”, precisa. “Era l’anniversario e a scuola c’erano persone che condividevano le proprie storie. Non coinvolgeva me o la mia famiglia, non capivo perché fosse successo, ma era così doloroso. Per tutte quelle persone. E per me. È stata una sensazione così confusa”.

Dell’attentato alle Torri Gemelle si parla spesso: a scuola, a casa, con gli amici. “Il compleanno di una mia compagna è l’11 settembre”. Per Angelina Bales, 13 anni, sorella di Jonathan, è una giornata difficile. “È sempre così triste ricordarsi che in un giorno importante per te tutte quelle persone sono morte, che tutte quelle famiglie sono state distrutte. Ti strazia il cuore”. Ma chi può evita l’argomento, come Jack Miller, nato nel 2006 ad Atlanta, in Georgia: “A me non piace parlarne. Quando però si affronta l’unica cosa che mi viene da dire è: puoi davvero immaginarlo?”.

No, è difficlissimo. D'altronde la vita di tutti i giorni scorre tranquilla, anche se il terrore si nasconde nelle piccole cose. “Inconsciamente lo sai: io sto più attenta e sono un po’ paranoica in aeroporto”, ammette Mila. “Ma la mia routine non cambia”. La piena consapevolezza arriva una volta visitato Ground Zero, il memoriale che sorge sulle ceneri delle Twin Towers, a New York City. “È lì che il fantasma diventa reale”, spiega Jonathan. “C’è una strana energia”, aggiunge Mila. “Senti così tanto parlare dell’undici settembre. Ma una volta lì è come se diventasse vero per la prima volta”.

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