Domani il governatore catalano potrebbe dichiarare l'indipendenza. Il Pp: "Puigdemont rischia il carcere"
"Lasciate le trincee e il linguaggio bellicoso. Rimane un po' di tempo, è il momento della mediazione". L'ultimo appello al dialogo arriva nella serata di lunedì dal sindaco di Barcellona Ada Colau. Alla vigilia del giorno in cui il presidente catalano Carles Puigdemont comparirà davanti al parlamento regionale con la dichiarazione unilaterale d'indipendenza sul tavolo, tutti, dentro e fuori dalla Spagna, spingono per evitare lo scontro frontale. Le principali società, intanto, si affrettano a lasciare la Catalogna allarmate dall'incertezza sul futuro. Ma né la Generalitat di Barcellona né il governo di Madrid paiono intenzionati a tirarsi indietro.
Puigdemont non scioglie le riserve: potrebbe proclamare il divorzio immediato da Madrid, lasciare che sia il parlamento a decretarlo, o sospendere gli effetti della dichiarazione di indipendenza per avviare una trattativa. Dalla capitale spagnola arrivano però prese di posizione durissime. Il primo ministro Mariano Rajoy assicura che il governo "farà tutto quello che serve" per impedire l'indipendenza della Catalogna. La vicepremier, Soraya Saenz de Santamaría, avverte che una dichiarazione unilaterale da parte di Barcellona "non rimarrà senza risposta" e spiega che l'esecutivo contempla "tutti gli scenari", tra cui l'applicazione dell'articolo 155, che consente al governo di prendere misure drastiche, fino alla destituzione del presidente catalano. Il numero due del Partito Popolare, Pablo Casado, arriva a ventilare una minaccia di arresto che a molti è suonata piuttosto sinistra. "La storia non deve ripetersi e speriamo che domani non si dichiari nulla" perché chi proverà a dichiarare l'indipendenza "rischia di finire come chi lo ha fatto 83 anni fa", ha detto Casado evocando la figura di Lluís Companys, leader della formazione politica Esquerra Republicana e presidente della Generalitat durante la Guerra civile spagnola, arrestato e successivamente mandato in prigione e fucilato dal regime franchista. Un'affermazione che ha contribuito a scaldare gli animi, anche se il vicesegretario del Pp ha poi precisato che si riferiva all'arresto, e non all'esecuzione.
Dopo la manifestazione in difesa dell'unità della Spagna, che domenica ha portato in piazza a Barcellona 900mila persone, nuovi appelli al negoziato sono arrivati da tutte le forze politiche. Il leader socialista, Pedro Sanchez, è tornato a ripetere che "c'è ancora tempo" per scongiurare la dichiarazione di indipendenza, precisando che in caso di scontro aperto "supporteremo la risposta dello Stato di diritto di fronte a qualsiasi tentativo di distruggere l'armonia sociale". Per il leader di Podemos, Pablo Iglesias, "l'unica soluzione per garantire che la Catalogna resti in Spagna è un referendum concordato" tra governo di Madrid e indipendentisti. Anche i leader europei, tra cui Angela Merkel, Jean-Claude Juncker e Pierre Moscovici, hanno assicurato il loro appoggio a Mariano Rajoy, chiedendo però soluzioni basate sul dialogo.
Ad alimentare la tensione ha contribuito la decisione della Corte superiore di giustizia della Catalogna, che ha tolto ai Mossos d'Esquadra la responsabilità della sorveglianza del Palazzo di Giustizia di Barcellona, affidata ora alla polizia nazionale. Una mossa che ha provocato la reazione indignata del sindacato della polizia regionale catalana, il cui capo è sotto inchiesta per "sedizione" dopo il rifiuto di fermare con la forza il voto del 1 ottobre.
Continua intanto la fuga delle imprese dalla Catalogna. L'ultima a lasciare la regione è Abertis: il cda ha stabilito che "a causa dell'incertezza giuridica generata dalla situazione politica in atto in Catalogna" la società che gestisce infrastrutture di trasporto e di telecomunicazioni sposterà la propria sede legale da Barcellona a Madrid. "Questa decisione è adottata per mantenere il normale funzionamento della società e per proteggerne gli interessi", ha spiegato Abertis in una nota alla Comision nacional del mercado de valores, l'autorità di Borsa spagnola. Sono una quindicina le compagnie, tra cui CaixaBank e Banco Sabadell, che negli ultimi giorni hanno annunciato il trasferimento delle loro sedi.
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