Gli ultimi omicidi a Baton Rouge e Minneapolis: si riaccende la polemica

Di nuovo, 'Black lives matter'. Si riaccendono negli Stati Uniti le polemiche per l'uso eccessivo della forza da parte della polizia verso gli afroamericani. Due cittadini di colore sono stati uccisi in due giorni, entrambi portati all'attenzione pubblica da video pubblicati online, rendendo di nuovo attuale negli Usa lo slogan per cui 'le vite dei neri contano'.

Il caso che scatenò le proteste fu l'uccisione del 18enne disarmato Michael Brown nell'agosto 2014 a St. Louis, sobborgo di Ferguson. Durante quelle proteste, che sfociarono in disordini, atti di vandalismo e violenze, le forze dell'ordine furono accusate di aver gestito la situazione con metodi esagerati. Sempre nel 2014, a luglio, a Staten Island a New York l'afroamericano  morì dopo essere stato trattenuto con forza durante l'arresto, praticamente soffocato. Alla decisione di non processare il poliziotto, presero il via cortei e proteste.

Un altro caso che fece scalpore e manifestazioni fu quello di Baltimora, in Maryland, in cui nell'aprile 2015 il 25enne Freddie Gray fu arrestato e morì dopo aver riportato una lesione spinale durante il trasporto. A causa delle violente proteste, nella città fu dichiarato il coprifuoco notturno. A distanza di oltre un anno, è in corso il processo all'ufficiale di più alto rango coinvolto nell'episodio, Brian Rice, il quarto dei sei agenti incriminati. Se fosse condannato, si tratterebbe della prima condanna nel caso.

Ma i casi sono molti, tra cui Walter Lamer Scott, fermato in South Carolina per un faro dell'auto rotto e fu ucciso con otto spari mentre scappava; Rumain Brisbon, ucciso in Arizona mentre avvicinava la mano alla vita, dove non aveva un'arma ma una scatola di pillole; Dontre Hamilton, schizofrenico, ucciso con 14 spari in Wisconsin perché resistette all'arresto; Walter Scott, 17enne che impugnava un coltello e si allontava quando un agente lo ha colpito 16 volte; Tamir Rice, 12enne che impugnava un'arma finta in un parco.

Secondo i dati dell'organizzazione mappingpoliceviolence.org, nel 2015 la polizia americana ha ucciso 1.152 persone. Di queste, il 30% era afroamericano, mentre nel Paese a essere nera è il 13% della popolazione, e nel 97% dei casi i poliziotti non sono stati incriminati. "La popolazione nera aveva più probabilità di essere uccisa nei maggiori dipartimenti metropolitani di polizia", si legge nel rapporto, che precisa che essi "hanno ucciso in modo sproporzionato i neri, che sono stati il 41% delle vittime nonostante in quelle città sia nero solo il 20% della popolazione". E in 14 dipartimenti, il 100% delle persone uccise dalla polizia nel 2015 era nero. Solo in cinque, al contrario, il totale era bianco. Per l'organizzazione, "più che essere determinata dai tassi di criminalità, la violenza riflette una tendenza all'impunità nella cultura, politiche e pratiche delle istituzioni".

Nel 2015, per tentare di controllare meglio i comportamenti della polizia, l'amministrazione Obama stanziò fondi per l'acquisto di 'body cameras'. Lo scopo delle telecamere mobili, indossate dagli agenti in servizio sulla divisa, è registrare le interazioni con le persone, funzionando così da deterrente per le violenze e soprattutto come eventuale fonte di prove in caso di 'incidenti'. Hillary Clinton, probabile candidata democratica alle presidenziali di novembre, si è pronunciata a favore della costosa fornitura, dicendo che tutti gli agenti dovrebbero indossare i dispositivi. Dalla morte di Brown in Missouri, numerose città e Stati americani hanno approvato il loro utilizzo.

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