A Roma il pm Colaiocco attende i risultati delle indagini sul pc e dell'autopsia effettuata presso La Sapienza
Due persone che vivevano nello stesso palazzo di Giulio Regeni, al Cairo, sono state sentite dagli inquirenti egiziani alla presenza degli investigatori italiani che lavorano sul caso in Egitto. I due sarebbero stati sentiti per chiarire le circostanze della presunta richiesta di informazioni sul ricercatore fatta da alcuni sconosciuti, entrati nel palazzo nei giorni precedenti alla scomparsa di Giulio. La circostanza è stata riferita da altri testimoni la cui attendibilità è al vaglio degli inquirenti.
Tra Roma e il Cairo vanno avanti le due indagini parallele sulla morte di Giulio. A Roma il pm Sergio Colaiocco che indaga sull'omicidio attende i risultati delle indagini sul pc e dell'autopsia effettuata presso l'Istituto di medicina legale de La Sapienza, oltre agli atti e i materiali raccolti dagli inquirenti egiziani. Al Cairo si continuano a sentire testimoni, si analizzano le riprese delle videocamere di sorveglianza. Al fianco degli investigatori egiziani lavora il team interforze di sei italiani, tre dello Sco e tre del Ros, che nei giorni passati ha preso parte a un sopralluogo nel punto, sulla strada che collega il Cairo ad Alessandria, in cui fu trovato il cadavere del ricercatore friulano.
LA FAMIGLIA: NON ERA NEI SERVIZI – "Giulio non era un agente, né un collaboratore dei servizi segreti italiani o stranieri", dichiara attraverso il proprio legale, l'avvocato Alessandra Ballerini, la famiglia di Giulio. "Provare ad avvalorare l'ipotesi che Giulio Regeni fosse un uomo al servizio dell'intelligence – prosegue la famiglia – significa offendere la memoria di un giovane e brillante universitario che aveva fatto della ricerca sul campo una legittima ambizione di studio e di vita".
AMBASCIATORE EGITTO: VOGLIAMO VERITÀ, GIULIO MAI ARRESTATO – Intanto sull'omicidio del giovane e le indagini in corso al Cairo interviene, ancora una volta, l'ambasciatore egiziano in Italia, Amr Helmy che sottolinea "la piena collaborazione da parte dell'Egitto con il team investigativo italiano al Cairo, poiché le indagini si svolgono nella massima trasparenza con l'intento di individuare chi ha commesso questo reato". "L'Egitto non ha nulla da nascondere – fa sapere l'ambasciatore – ed il nostro obiettivo comune è giungere alla verità intensificando gli sforzi con gli investigatori italiani per svelare il movente ed arrestare il colpevole".
"Alcuni mass-media – aggiunge Amr Helmy – continuano a diffondere informazioni errate riguardanti la morte dello studente italiano Giulio Regeni, nelle quali si cerca di designare come colpevoli gli apparti di sicurezza egiziani. Non è assolutamente vero che le autorità egiziane sono coinvolte nella tortura e nella morte del giovane italiano e queste non sono collegate né agli apparati di sicurezza egiziani né ad alcuni membri indisciplinati/disobbedienti degli stessi apparti di sicurezza. Vorrei ribadire che queste informazioni sono del tutto infondate perché Giulio non è mai stato arrestato dalla sicurezza egiziana".
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata