di Matteo Bosco Bortolaso

Roma, 13 dic. (LaPresse) – Diciassette Paesi e quattro organizzazioni internazionali hanno formalizzato oggi, in un comunicato di una pagina, le speranze e il sostegno per il governo di unità nazionale in Libia, che dovrebbe vedere la luce mercoledì prossimo, 16 dicembre. Il documento dimostra l’importanza, non solo locale, che avrebbe un esecutivo unificato e stabile, ponendo fine alla doppia leadership di Tripoli e Tobruk. Il testo, tra le altre cose, chiede “un cessate-il-fuoco immediato e completo in ogni parte della Libia” e prevede la possibilità di attivare corridoi umanitari, specie a Bengasi.

LO SPETTRO DELL’ISIS – Avere una Libia stabile è essenziale per evitare uno scenario già visto in Siria e Iraq: il vuoto di potere riempito dallo Stato islamico. Negli ultimi giorni questo timore è andato crescendo. Si è detto che lo stesso califfo, Abubakar Al Baghdadi, sarebbe in Libia. Sono apparse foto di auto con i vessilli neri dell’Isis che, almeno per qualche ora, avrebbero preso la città di Sabrata che alcuni osservatori, invece, considerano già occupata. Per il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni c’è “certamente” una minaccia dello Stato islamico in Libia, minaccia che è “consolidata nell’area di Sirte”.

LA VOCE DEI LIBICI – “Non possiamo permettere che lo status quo in Libia continui” anche per la “crescente presenza dell’Isis” nel Paese, ha detto il segretario di Stato Usa John Kerry, al termine del summit assieme a Gentiloni. Il capo della diplomazia di Washington ha sottolineato che “i negoziati sono stati condotti da libici con altri libici”, perché “possono parlare con la loro voce, e vi assicuro che fanno sentire le loro posizioni”. La Libia deve divenire “unita, stabile, sicura”, ha scandito Kerry, nonostante “le differenze tra clan e regioni”. L’obiettivo sarebbe riportare il governo a Tripoli entro 40 giorni.

SIRTE COME RAQQA? – L’altro ieri, intervenendo alla Conferenza sui Dialoghi per il Mediterraneo, il ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha detto che “sulla presenza dello Stato islamico in Libia abbiamo informazioni discordanti: c’è chi sostiene che stanno costruendo un avamposto a Sirte, città che sarà la seconda capitale dell’Isis dopo Raqqa (in Siria ndr)”. Ma l’ex ambasciatore russo non ha escluso “che lo Stato islamico stia esagerando nell’affermare una cosa simile, per la sua propaganda”. Lavrov oggi non era a Roma, ma è previsto un suo bilaterale con John Kerry la settimana prossima. In quell’occasione si parlerà soprattutto di Siria.

UNA TRANSIZIONE DI UN ANNO – L’accordo per un governo di unità nazionale, ha spiegato l’inviato Onu Kobler durante la conferenza stampa al termine del summit alla Farnesina, include membri del ‘dialogo politico’, della Camera (House of Representatives) e altri esponenti di società civile, come sindaci e partiti politici. L’obiettivo è portare avanti una transizione che durerà almeno un anno. Chi ostacolerà la stabilizzazione del Paese “pagherà”, ha sottolineato Kerry.

LE VENTUNO FIRME – Il documento è stato firmato da 17 Paesi: Algeria, Arabia Saudita, Cina, Egitto, Emirati arabi uniti, Francia, Italia, Germania, Giordania, Marocco, Russia, Qatar, Regno unito, Spagna, Stati uniti, Tunisia, Turchia. Hanno siglato il testo quattro organizzazioni internazionali: Unione europea, Nazioni unite, Lega araba, Unione africana. La Russia è rappresentata da Gennadiy Gatilov, vice ministro degli Esteri, mentre da Parigi è arrivato Harlem Désir, segretario di Stato per gli affari europei. La Germania ha inviato Frank-Walter Steinmeier, ministro degli Esteri, e l’Unione europea Federica Mogherini, alto rappresentante per la politica estera.

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