di Matteo Bosco Bortolaso
Parigi (Francia), 16 nov. (LaPresse) – A pochi passi dai bar ‘Le Petit Cambodge’ e ‘Le Carillon’ – colpiti dagli attacchi di venerdì scorso e ora mèta di pellegrinaggi di una preghiera silenziosa e commovente – decine di parigini si sono messi in fila per donare il sangue al centro St. Louis dell’Etablissement francais du sang (Ets). Pazienti, silenziosi, arrivati spontaneamente dopo aver deposto fiori e candele davanti ai due locali, questi donatori vengono accolti e seguiti dal personale sanitario che spiega loro le procedure per il prelievo.
Da sabato, subito dopo la tragedia che ha fatto 129 morti e più di 300 feriti, alcuni in condizioni gravissime, gli ospedali di Parigi e della Francia avevano registrato un’onda anomala di donatori, in fila già di notte per aiutare le vittime. A Chartres, cittadina a sudovest della capitale, i responsabili locali dell’Ets avevano chiesto ai cittadini di non venire, anche perché si sarebbe dovuto poi trasportare il sangue nella capitale. Ben diversa la situazione a Parigi. I pannelli elettronici gestiti dal municipio – disseminati in tutti e 20 i quartieri (in francese: arrondissements) – invitano a recarsi in ospedale e donare sangue. E ricordano il motto in latino della città: Fluctuat nec mergitur (Naviga e non affonda).
Donare il sangue richiede tempo e pazienza. Prima del prelievo bisogna compilare moduli, rispondere a domande su stato di salute, malattie, allergie e ricoveri. Anche per questo la cittadina di Chartres ha dichiarato di non riuscire a gestire il flusso, gonfiato dalla tragedia del weekend. I medici della capitale, invece, si sono attrezzati per accogliere le persone in più, cui viene dato materiale informativo, anche sotto forma di fumetto. Nell’attesa, si condividono dolori, lutti e speranze con gli altri donatori. E magari si stringe un’amicizia in più.
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