Londra (Regno Unito), 12 set. (LaPresse) – Svolta a sinistra per il Labour britannico, che ha scelto come suo nuovo segretario Jeremy Corbyn. Il 66enne, nell’elezione per la successione di Ed Miliband dimessosi dopo la disfatta nelle ultime politiche, ha sbaragliato i tre sfidanti alla prima votazione ottenendo quasi il 60% degli oltre 400mila voti di membri del partito e sostenitori. Sconfitti dal pacifista e anti-austerity ‘Corbyn il rosso’ sono stati i centristi Andy Burnhame (favorito dall’estabishment e arrivato secondo con il 19%) e Yvette Cooper, così come Liz Kendall, rappresentante dell’ala destra del partito e vicina al New labour guidato per tre decenni dall’ex premier Tony Blair. Proprio quella Terza via contro cui Corbyn si è tante volte scagliato, lui che è invece vicino a movimenti decisamente a sinistra come il greco Syriza e lo spagnolo Podemos. E la formazione britannica sembra così destinata a ripensarsi.

Corbyn, candidatosi per creare dibattito e senza sperare di vincere, si scopre invece simbolo della svolta. Deputato di lungo corso con 32 anni alla Camera dei comuni, ma lontano dalla prima fila, Corbyn è considerato da molti un ribelle, perché tante volte ha votato contro i ‘suoi’. Sessantasei anni, vegetariano, socialista, pacifista e contrario alle politiche di austerity, ha rappresentato l’alternativa per la base stanca delle politiche blairiane e della debolezza imputata a Miliband nel contrastare i tagli dei conservatori. Sostenendo misure ‘di sinistra’ come tasse sulla ricchezza, aumento del salario minimo, tasse alle corporation e sostegno a popolo palestinese.

Un duro colpo, la sua vittoria, per i tanti convinti che le elezioni britanniche possano essere vinte soltanto tenendo i piedi ancorati ‘nel centro’. Anche per quelli che dicevano che la disfatta di Miliband dipendesse proprio dal suo essere ‘troppo rosso’. “Il bene comune è l’aspirazione di tutti noi”, aveva riassunto Corbyn in uno dei suoi ultimi comizi prima del voto, da fermo sostenitore di Karl Marx e Hugo Chavez quale non nasconde di essere.

Nel suo discorso dopo l’elezione, ‘Red Jez’ ha promesso di lavorare con tutti i settori per arrivare a “una società migliore”, combattendo “i grotteschi livelli di diseguaglianza” del Regno Unito. Sulla scia delle promesse fatte in campagna elettorale, a base di rinazionalizzazione delle industrie privatizzate (in primis ferrovie ed energia), di stampare moneta per investire in infrastrutture, di tasse più alte per i ricchi. Promesse in cui ha quasi sempre usato il soggetto plurale, sottolineano gli analisti, per rimarcare la differenza con il controllo che contraddistinse Blair tra il 1994 e il 2007.

Sembra così svanire il pronostico di Blair, secondo cui il Labour sarebbe stracciato alle elezioni del 2020 se Corbyn fosse a capo a del partito (dopo che a maggio è stato rieletto il conservatore David Cameron). “Per favore comprendere il problema. Il partito cammina a occhi chiusi, con le braccia distese sull’orlo di una scogliera di rocce frastagliate”, aveva messo in guardia Blair lo scorso mese in una lettera al Guardian, nel suo appello a non votare per ‘Corbyn il rosso’.

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