Phnom Penh (Cambogia), 28 ago. (LaPresse/EFE) – Preparano il cibo sulle lapidi, mangiano sulle tombe di famiglia e dormono sdraiati sul marmo, nascosto da coperte e lamiera. La disperazione e la povertà hanno scavalcato anche i confini della morte con cui fanno i conti giorno e notte decine di cambogiani che vivono nel quartiere di Thmor Sahn a Phnom Penh: in cento hanno occupato un cimitero e lo hanno trasformato in villaggio. La mancanza di denaro e le catastrofi ambientali hanno strappato la casa a queste famiglie e stare tra le tombe a tanti è sembrato il male minore.
“A volte vivere con i fantasmi – racconta una donna – è meglio che vivere con la gente“. Qualcuno, più superstizioso, dice che al mattino presto, quando tutti ancora dormono, è possibile vedere gli spiriti aggirarsi tra le tombe. A loro molte famiglie hanno dedicato degli altarini: un modo per ringraziarli di avergli permesso di disturbare l’eterno riposo di quel luogo.
Mayla Ra, 38 anni, racconta di essersi trasferita lì dopo aver visto crollare la sua casa dieci anni fa. La causa? Gli scavi per estrarre la sabbia sulle rive del fiume Mekong hanno distrutto ogni abitazione che si trovava nei pressi del corso d’acqua. Altre famiglie sono arrivate al cimitero dopo aver lasciato le campagne, alla ricerca di un’occupazione in città. Le cose, per loro, non sono andate troppo bene e i soldi per una casa vera non ci sono. L’alternativa alla strada è una baracca di lamiera tra le lapidi.
Eppure, anche qui, i problemi non mancano. Oltre alla povertà estrema, gli occupanti devono fare i conti con l’ostilità dei familiari dei defunti. Il cimitero, infatti, raccoglie le spoglie di cittadini vietnamiti e pertanto, i rischi di conflitto etnico sono all’ordine del giorno. Per evitare tensioni sociali le autorità locali nel 2005 hanno vietato nuove sepolture, ma ogni volta che qualcuno decide di far visita alla tomba del proprio caro si trova di fronte una lapide coperta di cemento, lamiere e resti di animali.
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