Londra (Regno Unito), 30 dic. (LaPresse/AP) – Il governo della premier britannica Margaret Thatcher valutò la ricostruzione dell’arsenale di armi chimiche di fronte alla minaccia sovietica all’inizio degli anni ’80. È quanto risulta da documenti riservati diffusi dagli Archivi nazionali del Regno Unito. I consiglieri militari di Thatcher, si legge nei file, erano preoccupati che il Paese non avesse un modo per rispondere a un possibile attacco chimico dell’Unione Sovietica, se non quello di usare armi atomiche.

All’epoca il ministero della Difesa britannico stimava che Mosca disponesse di oltre 300mila tonnellate di agenti nervini e altre armi chimiche. Il Regno Unito aveva rinunciato precedentemente al proprio arsenale chimico, mentre gli Stati Uniti avevano scorte di armi chimiche che ammontavano a un decimo dell’arsenale sovietico. Nei documenti Thatcher affermò che il governo sarebbe potuto essere accusato di “negligenza” se non avesse sviluppato una risposta credibile a un attacco sovietico con armi chimiche.

Alla fine la premier decise che non era il momento giusto per sviluppare un arsenale chimico, ma invitò i funzionari a dimostrare ai cittadini “l’enorme squilibrio” tra le capacità sovietiche e occidentali. Da altri documenti risulta che Londra valutò di costruire dei “rifugi chimici” nelle case per proteggere i civili, ma non riuscì a sviluppare un progetto fattibile. All’epoca le armi chimiche erano legali. Il Regno Unito entrò successivamente nella Convenzione sulle armi chimiche, che vieta il loro utilizzo.

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