Washington (Usa), 9 dic. (LaPresse/AP) – Il rapporto della commissione intelligence del Senato Usa si concentra su diversi casi di tortura utilizzati dalla Cia nei confronti di almeno 119 detenuti. Tra gli episodi citati quello di Khalid Sheikh Mohammed, una delle menti dell’11 settembre, che fu sottoposto al waterboarding per 183 volte. Nonostante fosse divenuto più collaborativo, a detta della stessa Agency, la tecnica fu usata su di lui per dieci giorni consecutivi. E questo perché non confermava l’esistenza di un complotto che la Cia rivelò poi essere una truffa.

Parte del documento si concentra sulla storia di al-Qaeda Abu Zubaydah, sospetto membro di al-Qaeda arrestato in Pakistan. Dopo la cattura, la Cia ottenne il permesso di usare nei suoi confronti il waterboarding e altre tecniche, come la privazione del sonno e l’isolamento prolungato. L’uomo venne tenuto in una struttura segreta in Thailandia, definita ‘Site Green’. Inizialmente, dopo aver avuto informazioni su un complotto imminente, fu tenuto in isolamento per 47 giorni senza essere interrogato. Quindi venne sottoposto a diverse torture, in seguito alle quali iniziò a soffrire di problemi psicologici. Dal rapporto emerge che il sospetto terrorista durante una sessione di waterboarding divenne completamente “inerte” e iniziò a uscirgli schiuma dalla bocca.

Secondo il rapporto almeno cinque detenuti vennero sottoposti alla cosiddetta reidatrazione rettale, una forma di alimentazione forzata attraverso il retto. Il documento del Senato non ha trovato alcuna motivazione medica alla base della tecnica. Altri sono stati sottoposti a bagni ghiacciati e minacce di morte. Ad almeno tre detenuti venne detto che le loro famiglie avrebbero sofferto, i funzionari della Cia minacciarono di far del male ai loro figli, di abusare sessualmente della madre di un prigioniero e di tagliare la gola alla madre di un altro.

Nel settembre 2002 nella struttura Cobalt, nota come ‘Salt Pit’, in Afghanistan, i prigionieri erano detenuti in isolamento e al buio. Le loro celle avevano solo un secchio per i bisogni. Il primo detenuto in quella prigione fu Redha al-Najar, guardia del corpo di Bin Laden. Dopo mesi di privazione del sonno era un “uomo distrutto”, come emerge dalle registrazioni della Cia, ma la sua situazione peggiorò ancora. I funzionari iniziarono a tagliare le sue razioni di cibo, lo incatenarono al freddo mettendogli un pannolone invece che concedergli l’uso del bagno. Venne quindi interrogato alla fine del 2002, incatenato a un muro della cella e costretto a stare sul pavimento di cemento nudo, con solo una felpa. Morì e l’autopsia evidenziò che la causa fu ipotermia.

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