Roma, 26 nov. (LaPresse) – “Non dobbiamo ripetere l’errore di mettere gli stivali sul terreno prima di avere una soluzione politica da sostenere. Ma certo un intervento di peacekeeping” in Libia, “rigorosamente sotto l’egida Onu, vedrebbe l’Italia impegnata in prima fila. Purché preceduto dall’avvio di un percorso negoziale verso nuove elezioni garantito da un governo di saggi. In assenza del quale mostrare le divise rischia solo di peggiorare la situazione. Ci stiamo lavorando, con i Paesi dell’area e con le Nazioni Unite”. Così il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni in un’intervista a ‘Repubblica’.
“La Libia – prosegue Gentiloni – rappresenta per noi un interesse vitale per la sua vicinanza, il dramma dei profughi, il rifornimento energetico. Non a caso manteniamo aperta a Tripoli la nostra ambasciata che fornisce un supporto logistico insostituibile alla mediazione dell’Onu”.
“Se anche, semplificando – aggiunge il ministro -, descrivessimo una Libia spaccata in due fra Cirenaica e Tripolitania, bisogna sapere che nessuna delle due parti è in grado di prevalere militarmente sull’altra. La Banca centrale libica continua a funzionare, paga gli stipendi ai dipendenti pubblici sull’intero territorio dello Stato, utilizzando i proventi di gas e petrolio che anche l’Eni continua a versarle. Non ci rassegniamo alla dissoluzione della Libia. Saremo parte attiva nell’individuare una transizione politica unitaria cui subordiniamo l’eventualità di una presenza militare di peacekeeping”.
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