Washington (Usa), 11 set. (LaPresse/AP) – Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha annunciato una nuova offensiva aerea contro obiettivi dello Stato islamico “ovunque si trovino”. I raid Usa si estenderanno anche in Siria, oltre che in Iraq, per “distruggere l terrorismo islamico”. A poche ore dalle celebrazioni del 13° anniversario degli attentati dell’11 settembre 2001, Obama ha parlato alla nazione in diretta televisiva per spiegare la necessità della nuova offensiva che, ha promesso, non coinvolgerà in alcuno modo truppe di terra.
“NON SARA’ UN ALTRO AFGHANISTAN”. “Non sarà un nuovo conflitto come quelli in Iraq e in Afghanistan”, ha giurato nel suo discorso nella serata americana di ieri (le 2 di notte in Italia).
475 SOLDATI A BAGHDAD. Allo stesso tempo però Obama ha annunciato che invierà a Baghdad altri 475 soldati, che insieme ai consiglieri militari già sul territorio porteranno la presenza armata degli Usa in Iraq a circa 1.600 unità. Il loro compito non sarà quello di partecipare a missioni di combattimento, ma difenderanno il personale Usa e forniranno aiuto e assistenza alle forze di sicurezza irachene.
Nonostante abbia detto di avere tutta l’autorità di cui ha bisogno per intraprendere le azioni contro lo Stato islamico, Obama ha però esortato i deputati ad autorizzare nuovamente un programma per addestrare e armare i ribelli siriani più moderati che combattono contro i militanti dello Stato islamico e contro il presidente siriano Bashar Assad. “Non ci possiamo fidare del regime di Assad – ha chiarito – è un regime che terrorizza il suo popolo”. Obama ha paragonato la strategia che verrà adottata contro l’Isil a quella portata avanti “con successo in Yemen e Somalia”. Ma un punto è già differente: il fatto che un presidente americano abbia autorizzato un bombardamento di obiettivo terroristici in un altro Paese senza chiedere il permesso, o quantomeno senza notificarlo prima al Parlamento.
LA STRATEGIA. Obama vuole intensificare gli sforzi militari diplomatici per contrastare gli estremisti islamici in Iraq e in Siria. Ciò significa armare le forze dell’opposizione siriana ed estendere i bombardamenti Usa in Siria, oltre a continuare quelli già in corso nel nord dell’Iraq. “Li colpiremo ovunque. Li distruggeremo. Non c’è alcun paradiso sicuro per chi minaccia l’America”, ha dichiarato nel suo discorso alla nazione. Il presidente ha annunciato di voler inviare altri 475 soldati in Iraq per consigliare le forze di sicurezza del Paese, ma insiste sul fatto che non siano truppe da combattimento.
“Non saranno coinvolte truppe americane sul suolo straniero”, ha ribadito. Obama sta premendo per una coalizione globale contro i militanti, estesa ad almeno 40 delle Nazioni Unite, con il Canada, l’Australia, Paesi dell’Unione europea, gli alleati arabi sunniti e membri della NATO, più la Turchia. Paesi arabi si incontreranno in Arabia Saudita oggi in vista di una riunione dei leader arabi sul loro contributo alla coalizione globale contro lo Stato islamico. Ieri la Casa Bianca aveva annunciato inoltre che fornirà 25 milioni di dollari di assistenza militare immediata al governo iracheno nell’ambito degli sforzi contro l’Isil.
RUOLO CONGRESSO. Nei prossimi giorni il dibattito si sposterà al Congresso. I deputati repubblicani della Camera hanno già respinto le richieste di Obama per l’approvazione di un piano per addestrare ed equipaggiare i ribelli siriani, ma si attende la risposta del Senato che si pensa possa essere positiva. Per quanto riguarda l’ampliamento dell’offensiva per sconfiggere lo Stato islamico Obama ha fatto sapere di avere l’autorità di procedere autonomamente, ma ha comunque chiesto al Congresso di approvare il suo piano. La Cia attualmente gestisce un piccolo programma per armare i ribelli siriani, ma all’inizio di quest’anno il presidente aveva chiesto al Congresso di approvare un programma da 500 milioni di dollari per ampliare lo sforzo, sotto il controllo del Pentagono. La richiesta è in fase di stallo a Capitol Hill.
LE REAZIONI. Lo speaker della Camera, John Boehner, repubblicano dell’Ohio, ha elogiato Obama per aver riconosciuto “la grave e crescente minaccia” posta dagli estremisti ma lo accusato di aver agito troppo tardi. “Finalmente il presidente ha cominciato a fare attenzione a ciò che la nazione ha bisogno: distruggere questa grave minaccia terroristica con un’azione decisiva – ha dichiarato – che deve avere la massima priorità per gli Stati Uniti e i suoi alleati”. E ha aggiunto: “Rimangono però molte domande su come il presidente intenda agire”. Soddisfatta anche la leader della minoranza alla Camera, Nancy Pelosi: “Lavorare con una vasta coalizione di alleati e senza l’utilizzo di forze di combattimento statunitensi in terra, ci porterà a una strategia antiterrorismo globale che ci farà smantellare la minaccia dell’Isil”.
LO STATO ISLAMICO. Il gruppo jihadista ha preso il controllo di un terzo della Siria e dell’Iraq e ha creato un proprio Califfato che è governato da una forma rigida della legge islamica: ordini alle donne di restare in casa, divieto di ogni forma artistica come la musica, applicazione, tra le altre, della legge del taglione. Scisso da al-Qaeda, lo Stato Islamico è un gruppo sunnita nato dalla violenza settaria della guerra in Iraq e dalla guerra civile siriana. Nel 2004, il Dipartimento di Stato americano lo ha inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche. Il gruppo, che ha recentemente decapitato due giornalisti americani, James Foley e Steven Sotloff, si è creato in pochi mesi la reputazioni di forza così brutale che nel mese di febbraio è stato sconfessato anche dal nucleo dell’organizzazione al-Qaeda.
LA MINACCIA. L’amministrazione Obama non pensa che i militanti possano colpire il territorio statunitense, ma ritiene che il gruppo rappresenti una minaccia per il Medioriente con eventuali attacchi a obiettivi americani all’estero. Gli Stati Uniti temono che i concittadini che sono partiti per il Medioriente per combattere con l’Isil ritornino in patria per compiere degli attacchi.
I RAID. Gli Stati Uniti già ha avviato circa 150 attacchi aerei contro obiettivi dello Stato Islamico in Iraq, su richiesta del governo iracheno. Gli Usa hanno anche inviato consiglieri militari, forniture e aiuti umanitari per sostenere le truppe irachene e le forze curde nella lotta contro i jihadsiti.
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