Nuova Delhi (India), 10 feb. (LaPresse) – L’udienza della Corte suprema indiana per esaminare il ricorso dell’Italia sui marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone è stata rinviata al 18 febbraio. E nella riunione di oggi la pubblica accusa ha informato la Corte che il governo ha modificato la sua posizione: alla presenza dell’inviato del governo italiano, Staffan De Mistura, la procura generale ha confermato la richiesta di perseguire i marò in base al SUA Act, cioè la legge antipirateria e antiterrorismo ‘Suppression of Unlawful Act’, ma escludendo l’ipotesi di applicare la pena di morte. Immediata la reazione del premier Enrico Letta, che definisce “inaccettabile” l’ipotesi di accusa di terrorismo e promette una reazione da Italia e Ue.
ESCLUSA PENA DI MORTE MA CHIESTA APPLICAZIONE SUA ACT. Già venerdì il ministero dell’Interno indiano aveva fatto sapere che avrebbe escluso la pena di morte per i due marò, ma nelle ore successive sulla stampa indiana erano emerse anticipazioni secondo le quali sarebbe stata comunque confermata la richiesta di applicazione del SUA Act. Secondo l’agenzia di stampa indiana Press Trust of India, in particolare, i due fucilieri italiani rischierebbero fino a 10 anni di carcere ciascuno.
LETTA: INACCETTABILE, ITALIA E UE REAGIRANNO. L’Italia ha espresso il suo disappunto per l’applicazione della legge antiterrorismo, sostenendo che equivale a considerare l’Italia un Paese terrorista e promettendo che reagirà. Poco fa, commentando su Twitter la richiesta della pubblica accusa, il premier Enrico Letta ha definito “inaccettabile” l’imputazione proposta dalle autorità indiane, annunciando che “Italia e Ue reagiranno”. Sabato la ministra degli Esteri, Emma Bonino, commentando le anticipazioni della stampa indiana, si era detta “interdetta e indignata”, promettendo che l’eventuale richiesta di applicazione del SUA Act sarebbe stata contestata in tutte le sedi possibili.
ROMA MINACCIA CONSEGUENZE IN RELAZIONI CON ITALIA E UE. Per Palazzo Chigi il capo d’imputazione presentato oggi in India “è assolutamente sproporzionato e incomprensibile” perché “assimila l’incidente a un atto di terrorismo” e “‘Italia non è un Paese terrorista”. “Qualora fosse convalidata dalla Corte Suprema, questa tesi sarebbe assolutamente inaccettabile” e “lesiva della dignità dell’Italia quale Stato sovrano, di cui i due fucilieri della Marina sono organi impegnati nel contrasto alla pirateria conformemente alla legislazione italiana, al diritto internazionale e alle decisioni rilevanti del Consiglio di sicurezza dell’Onu”, si legge nella nota diffusa dal governo. Roma sottolinea poi, oltre al fatto che “si tratterebbe di un esito di estrema gravità, sconcertante e contradditorio”, il fatto che “comporterebbe conseguenze negative nelle relazioni con l’Italia e con l’Unione Europea, con ripercussioni altrettanto negative anche sulla lotta globale contro la pirateria”.
APPELLO ALLA CORTE SUPREMA. Il governo italiano torna poi a ricordare che era stata la stessa Corte suprema indiana, nella sentenza del 18 gennaio 2013, a escludere la SUA tra le normative di riferimento ammesse per il caso dei marò, e chiede dunque alla Corte suprema di “portare il caso nella sua corretta dimensione” nella seduta del 18 febbraio. “Alla luce della decisione della Corte Suprema, il Governo si riserva di assumere ogni iniziativa”, ribadisce poi Palazzo Chigi, sottolineando che “dopo due anni senza un capo d’accusa, non intendiamo recedere dal nostro obiettivo di riportare quanto prima a casa Salvatore Girone e Massimiliano Latorre e di vedere riconosciuti la loro dignità ed i loro diritti”.
Lunedì scorso, il 3 febbraio, la Corte suprema indiana si era riunita per esaminare il ricorso dell’Italia sui marò. In quella sede, nel rinviare l’udienza a oggi 10 febbraio, aveva dato al governo una settimana di tempo per chiarire la sua posizione sull’incriminazione e quindi l’eventuale invocazione della legge antipirateria contro i due fucilieri. Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono accusati dell’uccisione di due pescatori indiani, avvenuta al largo del Kerala a febbraio del 2012 mentre loro si trovavano a bordo della nave Enrica Lexie, ma a due anni di distanza dai fatti non c’è ancora stata alcuna incriminazione.
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata