Washington (Usa), 2 set. (LaPresse/AP) – Mentre l’amministrazione Obama lancia il pressing sul Congresso degli Stati Uniti cercando di assicurarsi il via libera all’attacco in Siria, dal Vaticano giunge un monito: No all’intervento militare, si rischia una guerra mondiale. Per la Russia sono ‘assolutamente non convincenti’ le prove degli Usa che attribuirebbero a Bashar Assad la responsabilità dell’attacco chimico dello scorso 21 agosto, ha fatto sapere stamattina il ministro degli Esteri Lavrov. Ma Washington è convinta del contrario e da oggi a mercoledì sono previsti diversi meeting riservati nei quali alti funzionari dell’amministrazione Obama illustreranno ai parlamentari la questione Siria. In serata Obama vedrà personalmente John McCain alla Casa Bianca. E mentre il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, si dice lui stesso convinto della responsabilità di Assad e della necessità di dare una risposta risoluta all’uso di armi chimiche, dalla Siria giungono nuove drammatiche cifre. Sono 7 milioni i cittadini siriani costretti dalla guerra civile a lasciare le proprie case, cioè circa un terzo della popolazione totale del Paese.

VATICANO: NO AD ATTACCO, RISCHIO GUERRA MONDIALE. ‘La via di soluzione dei problemi della Siria non può essere quella dell’intervento armato’ perché ‘la situazione di violenza non ne verrebbe diminuita. C’è, anzi, il rischio che deflagri e si estenda ad altri Paesi’. Così il segretario del Pontificio Consiglio ‘Giustizia e Pace’, monsignor Mario Toso, si è espresso in mattinata in un’intervista a Radio vaticana. ‘Il conflitto in Siria contiene tutti gli ingredienti per esplodere in una guerra di dimensioni mondiali e, in ogni caso, nessuno uscirebbe indenne da un conflitto o da un’esperienza di violenza’, ha affermato Toso. Ieri dall’Angelus papa Francesco aveva lanciato un ‘grido di pace’: ‘Mai più la guerra’, aveva detto il Pontefice, condannando l’uso di armi chimiche e chiedendo alla comunità internazionale di agire, ma con il dialogo. Il rischio di un conflitto mondiale in caso di attacco Usa alla Siria era stato delineato venerdì anche dal ministro degli Esteri Emma Bonino: ‘Da un conflitto drammatico e terribile corriamo il rischio di una deflagrazione addirittura mondiale’, aveva detto a SkyTg24. ‘Si comincia sempre così, con gli attacchi mirati, senza mandato dell’Onu’ e ‘la Siria ovviamente reagirà’, aveva proseguito la titolare della Farnesina.

PRESSING SU CONGRESSO USA IN VISTA DEL VOTO. Negli Stati Uniti intanto, dopo che sabato Obama ha annunciato che chiederà l’autorizzazione del Congresso per un intervento militare, l’amministrazione sta preparando il terreno in vista del voto, che si terrà dopo il 9 settembre. Ieri il segretario di Stato John Kerry, in interviste rilasciate a diverse emittenti, ha affermato che gli Usa sono in possesso di prove dell’utilizzo di gas sarin in Siria e ha paragonato Bashar Assad a Hitler e Saddam Hussein. Con sei navi della marina Usa nel Mediterraneo pronte a lanciare missili sulla Siria in caso di un ordine da parte di Obama, ieri in Congresso alti funzionari dell’amministrazione hanno avuto un briefing privato di due ore con una decina di deputati, mentre il vicepresidente Joe Biden e il capo di Gabinetto della Casa Bianca Denis McDonough hanno fatto chiamate ai singoli deputati.

Oggi i democratici della Camera Usa parteciperanno a una conference call non classificata sulla Siria con diversi funzionari dell’amministrazione Obama. Ad aggiornare i parlamentari saranno il consigliere di Barack Obama per la sicurezza nazionale Susan Rice, il segretario di Stato americano John Kerry, il segretario alla Difesa Chuck Hagel, il direttore dell’intelligence nazionale James Clapper e il generale Martin Dempsey, capo dello stato maggiore congiunto. Per domani è previsto un incontro della commissioni relazioni Estere del Senato, come riferisce il suo presidente, il democratico Bob Menendez. Mercoledì si riunirà invece la Commissione servizio armato del Senato.

STASERA INCONTRO OBAMA- McCAIN. Alle 20 ora italiana si terrà inoltre alla Casa Bianca l’incontro fra Barack Obama e John McCain sulla Siria. L’ex candidato alla presidenza del 2008 è stato invitato da Obama e al meeting parteciperà anche il senatore repubblicano Lindsey Graham. McCain e Graham rappresentano l’ala più aggressiva del Congresso a proposito della questione Siria: i due sostengono infatti che Obama non debba soltanto punire il regime siriano con attacchi missilistici chirurgici, ma debba provare a cambiare il corso della guerra civile siriana e arrivare alla cacciata di Bashar Assad.

CONGRESSO DIVISO. Il Congresso sarà chiamato a votare per il via libera all’intervento militare dopo il 9 settembre, cioè dopo il rientro dalla pausa estiva, ma non è chiaro quale sia l’orientamento generale. Oltre alla posizione di McCain e Graham, infatti, ci sono dall’altra parte parlamentari che non vorrebbero assolutamente un attacco. Tra i democratici, il deputato Sander Levin è convinto che verrà dato il via libera all’intervento militare. Un altro democratico, presidente della commissione Sicurezza interna della Camera Bennie G. Thompson, sostiene invece che l’amministrazione deve ancora ‘lavorare per chiarire cosa sia successo’. Tra i repubblicani, la deputata Cathy McMorris Rodgers si dice preoccupata che sia stato chiesta l’approvazione del Congresso, mentre il senatore Jeff Sessions non pensa che il Congresso approverà la soluzione militare.

FORSE IN ARRIVO PARLAMENTARI RUSSI. E puntando sul fatto che si potrebbe riuscire a convincere i parlamentari statunitensi, alcuni deputati russi hanno proposto al presidente russo Vladimir Putin di inviare negli Stati Uniti una delegazione di parlamentari della Russia per discutere della situazione in Siria con i membri del Congresso. Proposta accettata da Putin, ma che ha bisogno ora dell’approvazione del ministero degli Esteri. La Russia è alleata di Damasco e si oppone all’intervento militare di Washington.

LAVROV: DA USA PROVE NON CONVINCENTI. E da Mosca stamattina è arrivato un nuovo affondo. Le informazioni degli Stati Uniti sull’uso di armi chimiche in Siria sono ‘assolutamente non convincenti’, ha detto il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov, affermando che nelle prove di Washington ‘non c’era niente di preciso’, cioè ‘niente coordinate geografiche, niente nomi, niente prove che i test siano stati condotti da professionisti’. Intanto sabato gli ispettori Onu sono rientrati dalla Siria e ci vorranno alcuni giorni per i risultati dei test sui campioni prelevati.

RASMUSSEN: SERVE REAZIONE RISOLUTA. Anche Rasmussen si dice convinto della responsabilità di Assad nell’attacco con armi chimiche. Il segretario generale della Nato ha detto di avere ‘ricevuto informazioni di intelligence’ relative alle armi chimiche. ‘Personalmente credo che la comunità internazionale dovrebbe reagire’ all’uso di armi chimiche in Siria ‘altrimenti manderemmo un messaggio molto pericoloso a tutti i dittatori del mondo, cioè che possono usare armi chimiche senza conseguenze’, ha affermato Rasmussen, aggiungendo che ‘bisogna agire in modo risoluto ed evitare attacchi con armi chimici in futuro’.

UNHCR: IN 7 MILIONI COSTRETTI A LASCIARE CASE. E dalla Siria cifre drammatiche. Dopo il nuovo bilancio delle vittime, fissato ieri dall’Osservatorio siriano per i diritti umani a oltre 110mila morti dall’inizio della rivolta a marzo del 2011, l’Unhcr ha fatto sapere che sono sono 7 milioni i cittadini siriani che sono stati costretti dalla guerra civile in Siria a lasciare le proprie case, cioè circa un terzo della popolazione totale del Paese. Il rappresentante in Siria dell’agenzia Onu per i rifugiati, Tarik Kurdi, ha precisato che 5 milioni si sono spostati all’interno della Siria, mentre gli altri 2 milioni circa sono fuggiti nei Paesi vicini. ‘Qualsiasi sforzo abbiamo compiuto e qualsiasi aiuto umanitario le Nazioni unite abbiano fornito, è solo una goccia nel mare dei bisogni umanitari in Siria’, ha affermato Kurdi, aggiungendo che il gap tra i fondi necessari e quelli arrivati ‘è molto ampio’.

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata