Nuova Delhi (India), 25 ago. (LaPresse/AP) – Le autorità indiane hanno arrestato oltre 500 nazionalisti induisti accusati di aver violato il divieto di pellegrinaggio nella città di Ayodhya, località sacra contesa, alla base di violenti scontri tra gli stessi induisti e musulmani. La città, che si trova a 550 chilometri a est di Nuova Delhi, nel nord dell’India, è sotto un forte controllo della sicurezza dalla scorsa settimana, quando il governo dello Stato di Uttar Pradesh ha annunciato un divieto di pellegrinaggio nell’area, per timore di nuove violenze. Molti negozi sono chiusi e gli abitanti si sono barricati in casa. Tuttavia, i membri dell’organizzzione nazionalista Vishva Hindu Parishad hanno fatto sapere che andranno avanti con il pellegrinaggio di 19 giorni, ribadendo che si tratta di un evento religioso, non politico.
Tra le persone arrestate anche i leader dell’organizzazione. Uno di loro, Ashok Singhal, arrestato al suo arrivo all’aeroporto di Lucknow da Nuova Delhi, ha ribadito che il pellegrinaggio non può essere fermato e ha chiesto al governo dell’Uttar Pradesh di togliere il divieto. I fermi sono avvenuti nella città o lungo la strada che porta ad essa.
I musulmani venerano Ayodhya come luogo dove un tempo sorgeva la moschea Babri del XVI secolo, rasa al suolo dagli induisti nel dicembre 1992, in un episodio che costò la vita a duemila persone. Gli stessi induisti sostengono che essa sia il luogo di nascita del dio Rama e ritengono che qui sorgesse un tempio a lui dedicato prima che venisse costruita la moschea. Oggi sul posto sorge un piccolo tempio dedicato alla divinità.
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