L’Aia (Olanda), 11 lug. (LaPresse/AP) – I giudici d’appello del Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia hanno ripristinato le accuse di genocidio contro Radovan Karadzic, in relazione alle uccisioni e ai maltrattamenti alle popolazioni non serbe all’inizio della guerra in Bosnia nel 1992. La decisione di oggi ribalta l’assoluzione dell’anno scorso per uno dei due capi d’accusa di genocidio formulati contro l’ex leader serbo-bosniaco. Il presidente, Theodor Meron, ha spiegato che i giudici della corte d’appello hanno ritenuto che le prove presentate dall’accusa nel processo contro Karadzic “potrebbero indicare che avesse intenzione di commettere un genocidio”. La decisione potrebbe prolungare ulteriormente il già lungo processo contro Karadzic su altri dieci capi d’accusa, fra cui quello di avere ideato il massacro di Srebrenica del 1995.
Il processo iniziò nel 2009 e i procuratori terminarono la presentazione delle prove lo scorso anno. Karadzic, che si difende da solo, ha chiesto l’assoluzione per tutte le 11 accuse sostenendo che non ci siano abbastanza prove per condannarlo. Nel momento in cui Meron ha letto la decisione, l’imputato 68enne non ha mostrato particolari reazioni. Secondo Peter Robinson, avvocato statunitense che sta aiutando nella difesa l’ex leader serbo-bosniaco, Karadzic è dispiaciuto per la decisione della corte ma, ha aggiunto, “siamo determinati ad andare avanti”. La decisione al tribunale dell’Aia è arrivata proprio nel 18esimo anniversario della strage di Srebrenica. Oggi decine di migliaia di persone si sono riunite in Bosnia per la risepoltura di 409 vittime recentemente identificate del massacro del 1995.
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