Atene (Grecia), 21 giu. (LaPresse/AP) – È spaccatura nel governo greco. Dopo giorni di tensioni, che hanno fatto seguito alla decisione del primo ministro Antonis Samaras di chiudere l’emittente pubblica Ert, oscurando il segnale e causando il licenziamento di quasi 2.700 dipendenti, il partito di coalizione Dimar, Sinistra democratica, ha deciso di ritirare i suoi ministri (quello della Giustizia, Antonis Roupakiotis, e quello delle Riforme amministrative, Antonis Manitakis).

La decisione è stata presa dopo una riunione di emergenza di quattro ore del partito, presieduta dal leader Fotis Kouvelis. In una nota, Dimar ha fatto sapere che continuerà a seguire una “agenda di riforme”, ma non farà appunto più parte del governo con propri esponenti. Attualmente la coalizione, composta anche dai socialisti del Pasok e da Nuova Democrazia, partito del premier, occupa 167 dei 300 seggi del Parlamento. I deputati di Dimar sono 14. Pasok ha confermato che non abbandonerà il governo Samaras.

La Grecia ha potuto evitare il default grazie a prestiti internazionali di 240 miliardi di euro nei passati tre anni, in cambio dei quali ha dovuto varare una serie di misure di austerità. L’11 giugno, come ultima mossa, il primo ministro Samaras ha ordinato la chiusura di Ert. Una misura che ha scatenato critiche internazionali e dell’opposizione, e contro la quale migliaia di persone sono scese in piazza, e che ha avuto come ultimo effetto la frattura in seno al governo. In seguito alla crisi politica, gli ispettori della troika (Fmi, Bce e Commissione europea) hanno sospeso l’analisi sulle finanze pubbliche di Atene, mentre ieri l’Fmi ha avvertito che i pagamenti delle rate di prestito potrebbero risentirne se la valutazione non riprenderà subito. Nella notte, il commissario europeo per gli Affari economici Olli Rehn ha lanciato un appello “al senso di responsabilità dei leader politici della Grecia”.

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