Il Cairo (Egitto), 28 gen. (LaPresse/AP) – Quinto giorno consecutivo di violenze in Egitto. Un manifestante è rimasto ucciso stamattina al Cairo in scontri con la polizia scoppiati vicino a piazza Tahrir. Il dimostrante, confermano fonti sanitarie e della sicurezza, è morto durante il trasporto in ospedale dopo essere stato raggiunto da un colpo di arma da fuoco. Si tratta della prima vittima al Cairo dopo lo scoppio degli scontri in occasione del secondo anniversario della rivolta che ha costretto Hosni Mubarak a lasciare il potere. Intanto l’opposizione ha rifiutato l’invito del presidente Mohammed Morsi a partecipare a un incontro per il dialogo nazionale. Non parteciperemo a meno che Morsi non rispetterà alcune condizioni, ha fatto sapere il Fronte di salvezza nazionale.

DA VENERDI’ 56 MORTI IN TUTTO L’EGITTO. Con la vittima di oggi al Cairo salgono a 56 le persone morte da venerdì in Egitto negli scontri. Undici persone sono rimaste uccise venerdì in diverse città, la maggior parte a Suez; a Port Said inoltre 37 persone sono morte nelle violenze esplose sabato dopo l’emissione di 21 condanne a morte per i tafferugli del primo febbraio 2012 nello stadio della stessa città. Ieri infine, sempre a Port Said, sparatorie sono scoppiate durante i funerali delle persone morte il giorno prima e in questi nuovi scontri sette persone sono rimaste uccise e 630 ferite.

GOVERNO PROPONE: ESERCITO IN STRADA A FIANCO POLIZIA. Il governo egiziano ha approvato oggi una proposta di legge per dare maggiori poteri all’esercito. In base al provvedimento, le forze armate dovrebbero lavorare al fianco della polizia per mantenere la sicurezza. La rabbia dei cittadini per questa proposta ha raggiunto immediatamente piazza Tahrir. “La gente è morta per ottenere la libertà, la giustizia sociale, il pane. Ora, dopo 29 anni con Mubarak, siamo governati da un regime anche peggiore: guidato da un fascista religioso, che è più pericoloso”, ha detto un ingegnere 65enne che ha assistito con la moglie e i figli agli scontri di piazza al Cairo.

IN MIGLIAIA A FUNERALI VITTIME A PORT SAID. Migliaia di persone si sono riversate in strada oggi a Port Said, dove si sono tenuti i funerali di sei delle sette persone rimaste uccise nelle violenze di ieri. I dimostranti si sono riuniti in preghiera nella moschea di Mariam, la principale della città, e si sono preparati al corteo che avrebbe trasportato le salme al cimitero cittadino, a poco più di un chilometro di distanza. Il funerale è stato seguito dall’alto da due elicotteri dell’esercito, ma non ci sono stati episodi di violenza. I negozi sono rimasti chiusi per il secondo giorno consecutivo e i commercianti si sono lamentati per il coprifuoco annunciato ieri da Morsi, affermando che danneggia gli affari.

MORSI DICHIARA STATO D’EMERGENZA E INVITA AL DIALOGO. Da oggi è entrato in vigore lo stato d’emergenza decretato ieri da Morsi per tre province, cioè Port Said, Ismailiya e Suez, quelle maggiormente coinvolte nelle violenze dei giorni scorsi. Intervenendo in serata con un discorso trasmesso dalla tv di Stato il presidente egiziano, che è apparso irritato, ha annunciato che nelle tre province sarà in vigore per 30 giorni un coprifuoco dalle 21 alle 6 di mattina. Il presidente ha inoltre invitato le forze politiche a partecipare da oggi a un dialogo nazionale per la risoluzione della crisi in corso nel Paese.

OPPOSIZIONE RIFIUTA INVITO DI MORSI. Il principale gruppo dell’opposizione egiziana, il Fronte di salvezza nazionale, dopo essersi riunito oggi ha rifiutato l’invito di Morsi al dialogo nazionale, annunciando che non parteciperà a meno che non verranno rispettate alcune condizioni. Queste ultime dovranno essere esplicitate, ma intanto alcuni leader ne hanno espresse alcune. Il Nobel per la Pace Mohammed ElBaradei ha spiegato che tra le condizioni ci sono sicuramente la nomina di un governo di unità nazionale e di una commissione che si occupi di modificare la contestata Costituzione ratificata il mese scorso. “Il dialogo al quale il presidente ci ha invitato ha a che fare con la forma e non con il contenuto”, ha detto ElBaradei. Anche Hamdeen Sabahi, arrivato terzo nelle ultime elezioni presidenziali, ha posto delle condizioni per la partecipazione all’incontro. Morsi dovrebbe riconoscere le sue responsabilità per le sanguinose violenze di questi giorni, “fermare il massacro, rispettare la volontà popolare e mettere le soluzioni politiche davanti alle misure di sicurezza sono le condizioni per un dialogo serio”, ha detto.

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