Danville (Kentucky, Usa), 12 ott. (LaPresse/AP) – Dall’attacco dello scorso 11 settembre al consolato Usa di Bengasi, in cui ha perso la vita l’ambasciatore americano Chris Stevens, all’eventuale guerra in Iran fino all’aborto, di seguito i temi affrontati dai candidati alla vicepresidenza negli Stati Uniti, il democratico Joe Biden e il repubblicano Paul Ryan.
L’ASSALTO AL CONSOLATO USA IN LIBIA Il delicato argomento sull’attacco all’ufficio diplomatico americano a Bengasi nelle rivolte successive alla diffusione del film ‘Innocence of Muslims’ ha portato al momento più acceso del confronto. Quando Ryan ha infatti dichiarato che la tragedia e la morte dell’ambasciatore Stevens dimostra la debolezza di Barack Obama nella politica estera, Biden ha contrattaccato affermando: “Queste sono un sacco di balle”. Il repubblicano aveva dichiarato che “se siamo colpiti dai terroristi, dobbiamo chiamare un attacco per quello che è, ovvero un attentato terroristico. La questione di Bengasi dovrebbe essere una tragedia e basta, ma purtroppo è indicativa di un problema più ampio, ovvero che quanto vediamo in televisione è il disfarsi della politica estera di Obama”. Biden ha ribattuto con un atteggiamento deciso e con la promessa di fare giustizia. “Questa sera – ha detto – posso promettervi con sicurezza due cose. Primo, troveremo chi ha fatto questo e lo porteremo davanti alla giustizia. Secondo, andremo fino in fondo e qualunque cosa dovessimo scoprire, la comunicheremo in modo chiaro al popolo americano, perché gli errori commessi non saranno ripetuti”.
IL PROGRAMMA NUCLEARE IN IRAN E UN EVENTUALE CONFLITTO. Altro tema caldo della serata è stato l’approccio di Washington al controverso programma nucleare iraniano e alla possibilità di una guerra nella regione. Se da una parte Biden ha difeso le attuali sanzioni a Teheran, definite le più dure della storia, Ryan ha affermato che Obama ha permesso al Paese di avvicinarsi sempre di più alla bomba atomica, accusando la Casa Bianca di aver ignorato gli avvertimenti del premier israeliano Benjamin Netanyahu. “Queste – ha ribattuto il vice di Obama – sono le sanzioni più paralizzanti della storia, punto. Romney ha detto che vuole mantenerle, ma vuole fare di più. Che cosa? Volete andare in guerra? È questo che volete?”. Biden ha poi dato la stoccata finale dicendosi sicuro della riuscita dell’attuale programma di sanzioni per mettere fine alle ambizioni nucleari di Teheran.
L’ABORTO E LA FEDE. Il tema dell’aborto, ancora più sentito negli Stati Uniti dopo le dichiarazioni del deputato repubblicano Todd Akin che aveva parlato di “stupro legittimo” scatenando sdegno e condanne in tutto il mondo, è stato legato da entrambi i candidati a quello della fede. Ryan ha sottolineato la nuova posizione di Romney, che nel corso del tempo si è modificata. Inizialmente contrario, l’ex governatore del Massachusetts ha aperto di recente alle interruzioni di gravidanza in casi specifici.
“Non vedo come una persona possa separare la propria vita pubblica da quella privata o dalla fede”, ha dichiarato Ryan durante il dibattito. “La nostra religione – ha proseguito – ci segue in qualsiasi cosa facciamo. La mia fede mi dice come devo prendermi cura dei vulnerabili, come garantire che le persone abbiano una possibilità nella vita. Ora, volete chiedermi perché sono pro vita? Non solo per la mia fede cattolica, questo è ovviamente uno dei fattori, ma ci sono anche ragione e scienza. Capisco che si tratti di un argomento delicato e rispetto chi non è d’accordo con me, ma la politica dell’amministrazione Romney sarà quella di opporsi all’aborto con l’eccezione di casi di stupro, incesto o pericolo di vita per la madre”.
Biden ha fatto a sua volta riferimento alla fede, sottolineando però il diritto all’aborto e il rifiuto dei democratici di imporre una linea di comportamento alle donne. “La mia religione – ha spiegato – definisce la mia persona. Pratico il cattolicesimo da sempre e questo ha permeato particolarmente il mio comportamento sociale. La dottrina cattolica dice di prendersi cura di chi non può farlo da sé, di chi ha bisogno di aiuto. Nel giudizio della Chiesa, la vita inizia con il concepimento e io accetto questo nella mia vita personale, ma mi rifiuto di imporlo a cristiani, musulmani o ebrei, mi rifiuto di imporre questo agli altri”.
L’AFGHANISTAN E IL TRASFERIMENTO DELLA SICUREZZA ALLE FORZE LOCALI. Biden e Ryan si sono trovati d’accordo su un argomento di politica estera, ovvero la riduzione del coinvolgimento delle forze statunitensi in Afghanistan. Il candidato repubblicano alla vicepresidenza ha appoggiato la posizione di Obama sul ritiro dei soldati entro il 2014, sottolineando però che la Casa Bianca non dovrebbe annunciare apertamente una data precisa, in quanto questo espone la vita dei militari a rischi di attacchi. Allo stesso tempo, Ryan ha dichiarato di non volere perdere gli obiettivi raggiunti finora nel Paese. Biden ha fatto eco allo sfidante, aggiungendo che dopo dieci anni di guerra, adesso tocca alle forze afghane prendere in mano la responsabilità della propria sicurezza.
LE TASSE E LA GAFFE DI ROMNEY SUL 47% DEGLI AMERICANI CHE NON LE PAGA. Biden ha saputo sfruttare lo scivolone di Romney riguardo all’ormai noto 47% degli statunitensi che “non paga le tasse” e si considera “una vittima”. Cogliendo impreparato Ryan, il vicepresidente democratico ha dichiarato: “Queste persone sono mio padre e mia madre”. In seguito ha fatto riferimento al sistema di imposte dell’amministrazione Bush. “Gli sgravi fiscali dell’era Bush per i più ricchi devono terminare. Non vediamo alcuna giustificazione per questi sgravi nel momento storico in cui ci troviamo. Gli stessi ricchi sono americani patriottici e non stanno chiedendo di godere di queste continue riduzioni delle tasse”. Come successo in altri casi, Ryan ha risposto ripetendo la linea di Romney su una serie di argomenti legati all’economia. “La nostra premessa riguardo il piano per la riforma fiscale – ha spiegato – è di far crescere l’economia e creare posti di lavoro. Pensiamo che se il governo si prende il 28% delle entrate di una famiglia o di un esercizio commerciale, questo sia abbastanza. Secondo il presidente Obama, invece, il governo deve poter essere in grado di prendere fino al 44,8% del reddito di una piccola impresa”. – Twitter @maitri85
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