New York (New York, Usa), 11 ott. (LaPresse/AP) – La legge della sharia imposta dagli islamisti che controllano circa i due terzi del Mali danneggia soprattutto le donne. È quanto denuncia Ivan Simonovic, vicesegretario generale delle Nazioni unite per i diritti umani, che ha tenuto una conferenza stampa al Palazzo di vetro sulla situazione nel Paese africano, precipitato nel caos dopo il colpo di Stato militare di marzo. I militanti, spiega Simonovic, stanno attuando punizioni drastiche, tra cui condanne a morte per lapidazione a coppie adultere, amputazioni ed esecuzioni sommarie in pubblico. Le donne sono obbligate a coprirsi il capo, non possono lavorare liberamente e chi è incinta o ha già figli ma non è sposata viene inserita in una lista speciale, la cui creazione ha scatenato timori di punizioni.

“Quando ho parlato con gli abitanti del nord del Mali, questi mi hanno raccontato di aver paura delle liste. Non sappiamo cosa accade a chi ne fa parte, ma di sicuro le donne hanno paura che vengano intraprese azioni contro di loro”. Il vicesegretario generale per i diritti umani ha poi spiegato che i matrimoni forzati sono in aumento nel nord del Paese. “Per comprare una moglie – afferma – sono necessari meno di mille dollari”. Quando una donna è obbligata a sposarsi, prosegue, i “mariti” le cedono poi ad altri uomini dopo poco tempo, pratica che “nasconde in realtà prostituzioni forzate e stupri”.

Simonovic ha infine fatto riferimento a violenze e abusi in generale che avvengono quotidianamente nel nord del Mali per mano degli islamisti. “La novità – sottolinea – è che le violazioni dei diritti umani stanno diventando più sistematiche” a causa del controllo esercitato dai militanti legati ad al-Qaeda. Il sud del Paese, spiega, è invece diviso dopo il golpe militare e il successivo tentativo fallito di riprendere il potere, lanciato da forze leali al presidente. In seguito agli scontri tra le parti del conflitto, continua il vicesegretario generale per i diritti umani, 30 persone sono in carcere e altre 20 sono disperse. Riguardo a queste ultime, spiega, “ci sono indicazioni che possano essere state vittime di esecuzioni sommarie”. Simonovic ha concluso il suo intervento chiedendo un’indagine approfondita sui colpevoli di abusi dei diritti umani da tutte le parti del conflitto. È “estremamente importante” che i responsabili rispondano davanti alla giustizia perché “le Nazioni unite non possono appoggiare forze di sicurezza che hanno violato i diritti umani in modo così grave”.

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