Beirut (Libano), 29 mag. (LaPresse) – “Siamo arrivati a un punto di non ritorno”. Così l’inviato delle Nazioni unite e Lega araba Kofi Annan ha commentato l’incontro con il presidente siriano Bashar Assad avvenuto oggi a Damasco. “Il popolo siriano non vuole che il proprio futuro sia fatto di spargimenti di sangue e divisioni”, ha continuato Annan, dicendo di aver chiesto a governo e opposizione di mettere fine a ogni forma di violenza. L’incontro odierno era stato convocato in seguito alla strage di Hula di venerdì scorso, in cui sono state uccise almeno 108 persone, molte delle quali donne e bambini. Assad continua ad attribuire la strage a “terroristi” e oggi ha di nuovo incolpato gruppi armati per il fallimento del piano di pace promosso da Annan.

Il contestato leader siriano ha negato la responsabilità del massacro di Hula, ma alti funzionari Onu sostengono il contrario: “Posso dire con certezza che i civili, tra cui bambini, sono stati uccisi in modo drammatico da armi pesanti a Hula e per questo, senza dubbio, il governo siriano è il responsabile”, ha ribadito Herve Ladsous, capo delle forze di peacekeeping dell’Onu. Il regime di Damasco ha sempre rifiutato di riconoscere la rivolta popolare, sostenendo invece che le violenze siano il risultato dall’azione di al-Qaeda e complotti stranieri.

Intanto oggi Italia, Spagna, Germania, Francia, Regno Unito, Olanda, Stati Uniti, Australia, Canada e in serata Bulgaria hanno espulso i diplomatici siriani per protestare contro il massacro di Hula. Il primo a darne notizia questa mattina è stato il governo australiano, comunicando di aver espulso l’incaricato d’affari siriano, Jawdat Ali, e un altro diplomatico. In mattinata si sono susseguiti in rapida successione annunci simili dei Paesi europei, a cui si è poi unito il Canada. La Farnesina ha dichiarato “persona non grata” l’ambasciatore siriano a Roma, Khaddour Hasan. “Il governo italiano – si legge in una nota – ha inteso ribadire l’indignazione per le efferate violenze contro la popolazione civile ascrivibili alle responsabilità del governo siriano”.

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