Bonn (Germania), 24 mag. (LaPresse/AP) – I colloqui delle Nazioni unite sul clima si sono riaperti con i soliti contrasti tra Paesi più ricchi e quelli in via di sviluppo. Al centro del dibattito degli inviati riuniti oggi a Bonn, in Germania, gli sforzi per limitare le emissioni di carbonio che secondo gli scienziati sono la causa principale del surriscaldamento del pianeta. La questione principale è infatti come dividere il carico dei tagli: secondo i Paesi più poveri, sono i ricchi che devono assumersi la responsabilità maggiore, avendo nel corso degli anni passati emesso più sostanze nocive degli altri. L’obiettivo delle nazioni più sviluppate è invece fare in modo che le economie in rapida crescita come India e Cina, Paese che inquina più al mondo, non abbiano benefici sproporzionati.

“C’è una situazione di stallo totale”, ha commentato Artur Runge-Metzger, capo negoziatore dell’Unione europea. Le trattative di Bonn avrebbero dovuto basarsi su un accordo raggiunto a dicembre a Durban, in Sud Africa, che prevede la creazione di un nuovo patto globale sul clima entro il 2015 in cui sia Paesi ricchi che poveri si impegnano a tenere a freno le emissioni causate dalla combustione di petrolio e altri combustibili fossili. Ma dopo quasi due settimane di colloqui, pochi sono i progressi e le parti restano ferme sulle proprie posizioni, interpretando in maniera diversa le conclusioni di Durban. “C’è un’atmosfera di diffidenza e frustrazione”, dice Seyni Nafo, portavoce di un gruppo di Paesi africani.

“I Paesi sviluppati come Stati Uniti, Giappone, Canada e Russia – nota Mohamed Adow, importante consulente sui cambiamenti climatici dell’organizzazione Christian Aid – hanno sempre bloccato i riferimenti ai principi giuridici esistenti, continuando a ignorare il fatto che i loro magri obiettivi di taglio delle emissioni espongono le persone più vulnerabili del mondo agli effetti devastanti del cambiamento climatico”.

Dall’inizio dei colloqui delle Nazioni unite negli anni ’90, pochi sono stati i successi per ridurre le emissioni. Gli impegni presi sono nettamente inferiori a quello che gli esperti ritengono necessario. L’unico trattato vincolante esistente, il Protocollo di Kyoto del 1997, è stato respinto dagli Stati Uniti perché non impone limiti di emissione alla Cina, escludendo così da vincoli i due principali inquinatori del mondo. Dovrebbe scadere quest’anno, ma i Paesi a Durban hanno concordato di estenderlo, sebbene non sia ancora chiaro per quanto tempo. Canada, Giappone e Russia hanno comunque rifiutato di rinnovare gli impegni previsti dal protocollo, che riguarderebbe quindi appena il 15% delle emissioni globali.

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