Belgrado (Serbia), 6 mag. (LaPresse/AP) – Gli elettori serbi votano oggi in elezioni che potrebbero determinare il futuro del Paese balcanico rispetto all’Unione europea. Il voto, apertosi alle 8 italiane, è triplice: per scegliere il presidente, assegnare 250 seggi dell’assemblea nazionale ed eleggere i consigli locali. A sfidarsi per la carica più importante sono dodici candidati, ma i più accreditati sono il capo di Stato uscente e leader del Partito democratico, Boris Tadic, e il nazionalista Tomislav Nikolic, leader del Partito progressista serbo, che punterà principalmente sulle difficoltà economiche che sta attraversando il Paese. Se nessuno otterrà più del 50% delle preferenze, il ballottaggio si terrà il 20 maggio.
TADIC, IL SOGNO EUROPEO E LA CRISI ECONOMICA. In chiave europea, la presidenza Tadic è stata molto importante. A marzo, infatti, il capo di Stato è riuscito a far ottenere alla Serbia lo status di candidata all’Unione europea, grazie anche agli arresti dei criminali di guerra Ratko Mladic e Radovan Karadzic. Il governo di Belgrado ha consegnato i due leader serbo-bosniaci al Corte speciale dell’Aia dove sono sottoposti a processo per accuse di genocidio e crimini di guerra. Tuttavia, la popolarità di Tadic tra la popolazione è caduta negli ultimi mesi a causa delle difficoltà economiche che il Paese sta affrontando, con una disoccupazione in crescita e un abbassamento degli standard di vita.
LE PROMESSE DI NIKOLIC. È proprio su questo secondo aspetto che fa leva lo sfidante nazionalista, già uscito sconfitto in passato due volte consecutive contro Tadic nella corsa presidenziale. Nikolic, che con il Partito radicale serbo da cui si è diviso nel 2008 fu alleato di Slobodan Milosevic durante la guerra del Kosovo nel 1999, gode del supporto di Mosca, anche se ultimamente ha promesso alcune aperture verso l’Unione europea. A suo favore gioca la forte opposizione che ha dimostrato contro l’ingiustizia sociale diffusa e la corruzione, così come le promesse di creare posti di lavoro, sicurezza sociale e investimenti stranieri per miliardi di dollari. L’ex politico di estrema destra, che si è auto-dichiarato ‘amante della Russia’, solo qualche anno fa diceva di preferire che la Serbia diventasse una provincia russa piuttosto che un membro dell’Unione europea, e ha definito Mladic e Karadzic ‘eroi serbi’.
I SONDAGGI E IL RUOLO DEI SOCIALISTI. Tadic ha cercato fino all’ultimo di far capire alla popolazione la sua indignazione per una possibile vittoria di Nikolic. “Coloro che ci hanno fatto vergognare” in passato, ha detto il presidente uscente in settimana durante un comizio elettorale, non dovrebbero poter governare la Serbia. Gli elettori, ha proseguito, possono scegliere tra continuare con “il progresso e lo sviluppo” o rischiare “l’incertezza”. Secondo i sondaggi, Nikolic è ben accreditato, ma non in grado di salire al potere senza l’aiuto del piccolo Partito democratico di Serbia, formazione conservatrice guidata dall’ex presidente e prmier Vojislav Kostunica. Una figura fermamente anti-europeista, che in campagna elettorale ha promesso 10 miliardi di euro in finanziamenti russi per lo sviluppo, nel caso in cui la Serbia si rivolgerà di nuovo a Mosca. Un sostegno importante a Tadic potrebbe invece venire dal Partito socialista, guidato da Ivica Dacic. La formazione, fondata da Milosevic negli anni ’90, da tempo ha acquisito un atteggiamento pro-Unione europea e, secondo le stime dei sondaggisti, dovrebbe piazzarsi in terza posizione. I suoi leader, tuttavia, non hanno ancora dichiarato chi sosterranno dopo il voto.
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