Rio de Janeiro (Brasile), 3 feb. (LaPresse/AP) – Circa 170mila abitanti di 12 città in Brasile rischiano di dover lasciare le loro case a causa dei preparativi per i Campionati mondiali di calcio del 2014 le Olimpiadi del 2016. È quanto risulta dai calcoli effettuati dalla Coalizione di comitati popolari per i Mondiali e le Olimpiadi, un gruppo per i diritti dei residenti delle favelas. Le autorità non vogliono fornire dettagli sui propri piani, ma dai documenti ottenuti da Associated Press risulta che solo nel 2010 l’agenzia di Rio de Janeiro per gli alloggi ha effettuato 6.927 pagamenti a residenti costretti a lasciare le loro case in 88 comunità della città. Le autorità di Rio stanno realizzando un progetto da 63,2 milioni di dollari intorno allo stadio Maracana, che sarà al centro dei prossimi eventi sportivi. Così alcuni quartieri poveri situati intorno alla struttura, come la Favela do Metro, sono stati rasi al suolo e centinaia di famiglie sono state pagate per farsi da parte e permettere la realizzazione del processo di “rivitalizzazione” della zona.

Il Comitato olimpico internazionale e Rio 2016, l’ente locale responsabile per l’organizzazione dei Giochi, sostengono che tutte le operazioni siano state condotte nel rispetto della legge brasiliana. Il capo dell’autorità per gli alloggi di Rio, Jorge Bittar, ha affermato che i residenti sono stati sistemati in altre parti della città “nella maniera più democratica possibile, nel rispetto dei diritti di ogni famiglia”. I funzionari, ha scritto Bittar in una nota, spiegano a ogni famiglia il valore della loro proprietà e poi chiedono di scegliere tra alcune opzioni: una casa in alloggi costruiti dal governo, un pagamento di al massimo 230 dollari al mese per affittare un appartamento, un risarcimento o assistenza nell’acquisto di un altro alloggio. Ma i residenti, i loro avvocati e attivisti per i diritti civili parlano di abusi e violazioni della legge. “Stanno distruggendo il nostro quartiere per organizzare dei giochi”, ha detto Evandro dos Santos, un abitante della Favela do Metro e proprietario di un piccolo negozio. Intorno alla sua casa sono già stati demoliti molti edifici e bambini giocano in mezzo alle macerie. Nessuno a Metro sa precisamente quale sarà il futuro del quartiere.

Alcuni residenti sono stati minacciati da funzionari del comune, i quali sostengono che gli abitanti non abbiano nessun diritto al terreno, occupato negli anni ’70. “Ci hanno detto – racconta Santos – che non possediamo neanche le pareti delle nostre case”. Circa cento famiglie hanno accettato l’offerta iniziale delle autorità di trasferirsi in un sobborgo distante circa 72 chilometri, lontano da posti di lavoro e mezzi di trasporto. Altre cento si sono trasferite in un altro quartiere, ma circa 270 famiglie rimangono. “Viviamo nella paura e nell’incertezza”, ha detto il presidente dell’associazione delle famiglie di Metro, Francicleide Souza. “Non sappiamo – ha aggiunto – cosa succederà domani”. I rimborsi per le case erano pari in media a 16mila dollari. Secondo Eliomar Coelho, un membro del consiglio comunale di Rio che indaga sugli sfratti, la somma non è sufficiente per acquistare una casa a Rio. “Se cacci qualcuno dalla sua casa devi fornirgli un’alternativa uguale o migliore”, ha detto Coelho.

“In caso di molti sfratti non vengono rispettati i principi e i diritti considerati basilari dalla legge locale e internazionale”, ha detto Alexandre Mendes, fino a poco fa direttore dell’unità per il diritto ad un alloggio di Rio. In alcuni casi le famiglie sono state costrette ad abbandonare le loro case di notte e trasferirsi in quartieri distanti o accettare una somma irrisoria. Nello slum di Restinga, demolito per far spazio all’autostrada Transoeste, i bulldozer sono arrivati alle 2.30 e le pareti delle case venivano tirate giù anche se le persone si rifiutavano di uscire fuori. “Posso descrivere la brutalità di questo momento perché ero li o l’ho visto”, ha riferito Mendes. “Qua ho costruito qualcosa, una casa, un negozio”, spiega Santos, abitante della Favela do Metro. “Questo – ha aggiunto – è quello che voglio. Non un regalo, né beneficenza. Voglio continuare a lavorare e guadagnare soldi per mantenere la mia famiglia”.

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