Beirut (Libano), 28 gen. (LaPresse/AP) – Dopo l’escalation di violenza negli ultimi tre giorni che ha portato alla morte di almeno 80 persone, la Lega araba ha deciso di fermare il lavoro degli osservatori inviati in Siria. Lo ha comunicato questa mattina il vice segretario generale Ahmed Ben Heli, spiegando che agli inviati, circa un centinaio, è stato ordinato di sospendere le operazioni, dopo la decisione presa dai ministri degli Esteri degli Stati membri dell’organismo internazionale. In attesa che la missione venga “rivalutata”, aggiunge Heli, gli osservatori rimarranno nel loro hotel di Damasco. Il regime di Bashar Assad, fa sapere in un comunicato il segretario generale della Lega Nabil Elaraby, “è ricorso a una crescente opzione militare in completa violazione dei suoi impegni” di mettere fine alla repressione. Le vittime delle violenze, aggiunge, sono “cittadini innocenti”.

Il futuro della missione dovrà ora essere deciso dal Consiglio della Lega araba. Le informazioni comunicate da Heli fanno comunque pensare che gli inviati potranno riprendere il lavoro in un secondo momento. Alla domanda se la missione sarà ritirata, Heli ha infatti risposto che la sospensione è stata “forzata dagli eventi” e volta a garantire la sicurezza degli osservatori. Tuttavia, il vice segretario generale ha parlato di una possibile “nuova mappa” dei luoghi che le squadre di inviati potranno visitare. La missione, ha aggiunto, aspetterà di vedere quale nuovo personale e aiuto logistico la Lega araba potrà fornire.

Intanto domani Elaraby partirà assieme al primo ministro del Qatar per New York, per cercare di ottenere il sostegno dell’Onu a un piano stilato da Paesi arabi ed europei per la fine della crisi in Siria. Nella notte, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite ha tenuto un incontro a porte chiuse durante cui è stata presentata la bozza di risoluzione arabo-europea, su cui la prossima settimana inizierà la trattativa. Secondo quanto riferisce l’ambasciatore francese all’Onu, Gerard Araud, sarà un “processo di negoziazione molto determinato”. La Russia ha confermato l’opposizione al documento tramite il suo ambasciatore Vitaly Churkin, secondo cui il testo contiene alcune “linee rosse” per Mosca, ma intende comunque “impegnarsi” con chi lo sostiene. Per Churkin bisogna escludere sanzioni perché “è necessario concentrarsi sulla necessità di stabilire un dialogo politico”.

Intanto in Siria non si fermano le violenze. Secondo l’Osservatorio per i diritti umani, le vittime delle violenze oggi sono in tutto 34, 15 civili, soprattutto a Homs, tre soldati disertori e 16 soldati dell’esercito di Damasco. Secondo quanto riferiscono i Comitati di coordinamento locali, raid delle forze di sicurezza si sono verificati in alcuni sobborghi della capitale come Kfar Batna, Saqba, Jisreen e Arbeen. Sette soldati dell’esercito sono rimasti uccisi in un’imboscata vicino a Duma, altro sobborgo di Damasco. Secondo l’agenzia di stampa Sana, l’attacco è stato condotto da “terroristi”. Le truppe siriane, aggiunge ancora Sana, hanno inoltre impedito a uomini armati di passare il confine dalla Turchia alla provincia nordoccidentale di Idlib. Nell’azione un soldato è rimasto ferito, mentre molti degli infiltrati sono stati uccisi o comunque colpiti, mentre il resto è tornato in Turchia. Sempre oggi, un attacco è stato condotto contro un oleodotto che ha preso fuoco a Qoriah, nella provincia orientale di Deir el-Zour. Divergenze rimangono però sulle responsabilità dell’azione. Secondo gli attivisti sarebbe opera delle truppe governative, mentre secondo l’agenzia Sana è stata condotta da “terroristi” anti-governativi.

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