Bruxelles (Belgio), 25 gen. (LaPresse/AP) – La Commissione europea ha proposto riforme radicali per proteggere la riservatezza dei dati personali on-line, tra cui il “diritto ad essere dimenticati”, ovvero la cancellazione di informazioni sulle persone nel caso in cui non ci sia legittimo motivo di conservarle. Quest’ultimo punto riguarda soprattutto i social network e prende spunto dal caso di Max Schrems, studente austriaco di 24 anni che ha chiesto a Facebook di mandargli una registrazione dei propri dati personali sull’utilizzo negli ultimi tre anni. Il ragazzo ha ricevuto 1.222 pagine di informazioni tra cui chat, anche quelle da lui cancellate oltre un anno prima, ‘poke’ risalenti al 2008, inviti a cui non aveva mai risposto e centinaia di altre informazioni.

“La protezione dei dati personali è un diritto fondamentale di tutti gli europei, ma i cittadini non sempre si sentono in completo controllo dei propri dati”, ha detto il commissario della Giustizia europeo Viviane Reding, che ha illustrato la proposta. Affinché entri in vigore, la direttiva deve essere approvata dal Consiglio europeo (i 27 capi di governo dell’Unione europea) e dal Parlamento europeo. Se sarà adottata, andrà ad aggiornare una norma del 1995, quando meno dell’1% dei cittadini europei usava Internet.

Secondo la Commissione la proposta non solo salvaguarderà la privacy delle persone, ma farà risparmiare alle aziende circa 2,3 miliardi di euro all’anno. Se la fiduzia degli utenti aumenterà, ha sottolineato la Reding, le imprese che hanno a che fare con internet saranno avvantaggiate. Alcuni rappresentanti delle aziende interessate hanno tuttavia già espresso disaccordo. “La proposta è errata perché eccede nell’imporre mandati prescrittivi su come le imprese debbano raccogliere, memorizzare e gestire informazioni”, ha detto Thomas Boue, direttore degli affari europei della Business Software Alliance, di cui fanno parte Microsoft, McAfee, Adobe, Intel e altri giganti di internet. “Il rischio – ha aggiunto – è l’impantanarsi delle aziende nel cercare di soddisfare gli onerosi requisiti e ciò potrebbe frenare l’innovazione digitale a scapito della creazione di occupazione e di crescita”.

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