Zubair (Iraq), 14 gen. (LaPresse/AP) – Una nuova strage di pellegrini sciiti ha colpito in mattinata l’Iraq. Questa volta l’attentato è stato condotto a Zubair, vicino a Bassora, nel sud del Paese. Le vittime, secondo il primo bilancio, sono almeno 53, mentre i feriti 137. Molti di questi però, spiega Riyadh Abdul-Amir, capo della Direzione sanitaria di Bassora, sono in gravi condizioni e il bilancio finale potrebbe dunque ancora salire.
Le vittime si stavano dirigendo verso un santuario situato alla periferia di Zubair, enclave per lo più sunnita, in una zona del Paese a maggioranza sciita. L’attentato è solo l’ultimo di una lunga serie in queste settimane in cui gli sciiti stanno celebrando l’Arbaeen, ricorrenza che cade quaranta giorni dopo l’anniversario della morte dell’imam Hussein. Majid Hussein, un impiegato governativo, era tra le persone dirette al santuario, vicino a cui è avvenuta l’esplosione. “Ho visto diversi corpi senza vita e molti feriti, tra cui bambini per terra chiedere aiuto. Sul posto c’erano anche alcuni passeggini”, racconta.
Il peggior attacco dell’Arbaeen è quello del 5 gennaio nella città meridionale di Nassiriya, in cui hanno perso la vita 78 persone. Si è trattato anche del più grave attacco in Iraq nell’ultimo anno. La ripetizione di attentati di questo tipo ha aumentato la paura di una nuova guerra settaria che potrebbe destabilizzare il Paese, ora che le truppe statunitensi hanno lasciato il territorio iracheno. Gli ultimi soldati americani sono infatti partiti dall’Iraq il 18 dicembre, mettendo fine a una guerra durata quasi nove anni.
Dopo la partenza dei militari stranieri, inoltre, il Paese è stato minato anche da una forte crisi politica che sta paralizzando il governo e che vede di fronte i due principali blocchi politico-religiosi. Durante il regime di Saddam Hussein, a dominare il governo era la minoranza sunnita, ma dopo la sua caduta, ad occupare posti di potere sono stati per lo più politici sciiti. Ieri, il vice primo ministro Saleh al-Mutlaq, ha chiesto al premier Nouri Al-Maliki di dimettersi, per evitare nuovi scontri, minacciando in caso contrario un voto di sfiducia.
Il partito Iraqiya di Al-Mutlaq, sostenuto dai sunniti ma in realtà senza una definita appartenenza religiosa, sta boicottando il Parlamento e gli incontri di Gabinetto dallo scorso mese per protestare contro quello che definisce il tentativo di al-Maliki di consolidare sempre più il potere, in particolare sulle forze di sicurezza. Il governo, nelle scorse settimane, ha invece chiesto l’arresto del principale politico sunnita del Paese, il vicepresidente Tariq al-Hashemi, a sua volta di Iraqiya, accusandolo di aver guidato una squadra di sicari per uccidere ufficiali del governo. Al-Hashemi respinge le accuse e da settimane è nascosto nella regione settentrionale semi-autonoma curda.
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