Los Angeles (California, Usa), 7 nov. (LaPresse/AP) – Il dottor Conrad Murray, medico personale di Michael Jackson, è stato giudicato colpevole di omicidio colposo per la morte del cantante. Il verdetto è stato raggiunto dalla giuria dopo meno di nove ore in camera di consiglio. La procura nel processo ha dipinto Murray come un medico sconsiderato che il 25 giugno 2009, giorno del decesso del cantante, abbandonò Jackson mentre era sotto l’effetto del potente anestetico propofol. Secondo gli avvocati del cardiologo invece, che hanno detto che ricorreranno in appello, il cantante era dipendente dalle droghe e assunse da solo la dose fatale del farmaco, quando il medico lasciò la stanza. Murray accettò di diventare medico personale di Jackson mentre il cantante si preparava alla serie di concerti per tornare sulle scene nel 2009. Il medico non ha testimoniato durante il processo, ma in precedenza aveva ammesso alla polizia di avere dato a Jackson il propofol e altri sedativi la mattina in cui morì. Murray, come specificato dal giudice Michael Pastor, dovrà rimanere in carcere senza la possibilità di uscire su cauzione, fino a quando non sarà annunciata la sua pena, attesa per il 29 novembre.

Al momento del verdetto, il medico, presente in aula, è rimasto impassibile. In sala, alla lettura della sentenza, si è alzato un urlo, mentre fuori dal tribunale la folla è esplosa in manifestazioni di giubilo. Il giudice ha passato in rassegna i giurati, ciascuno dei quali ha risposto “sì” alla domanda se il verdetto fosse di colpevolezza. Murray, 58 anni, ora rischia un massimo di quattro anni di carcere e la revoca della licenza medica.

Durante le ultime 24 ore di vita, Jackson cantò e ballò per le prove dei concerti che avrebbero segnato il suo ritorno sulle scene, crogiolandosi nell’adorazione dei fan che lo attendevano fuori dalla struttura dove provava. Poi arrivò una notte tormentata, passata a cercare di prendere sonno. Le testimonianze hanno mostrato che in quelle ore Murray diede a Jackson dosi intravenose dei sedativi lorazepam e midazolam. Il cantante assunse anche una pillola di Valium, ma niente sembrava in grado di farlo dormire. Alla fine, arrivò la dose letale di propofol, secondo Murray appena 25 milligrammi che sembrarono conciliarlo al sonno. A quel punto il medico lasciò il letto del paziente, ma al suo ritorno il cantante non respirava più. Secondo i procuratori Murray, in quell’occasione, violò almeno 17 standard di cura, e questo comportò la morte della stella del pop.

Alla lettura del verdetto i familiari del re del pop hanno pianto in silenzio. La madre, Katherine Jackson, ha poi dichiarato ad Associated Press: “Mi sento meglio ora”. Una delle sorelle di Jacko, La Toya, ha invece detto di essere fuori di sè dalla gioia. “Michael ci ha sempre guardati dall’alto”, ha detto uscendo dal tribunale. All’esterno del tribunale, i fan in festa hanno urlato e cantato ‘Beat it’, mostrando i cartelli con le scritte ‘colpevole’ e ‘assassino’. Gli automobilisti di passaggio hanno suonato i clacson in segno di esultanza.

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