Tripoli (Libia), 16 ott. (LaPresse/AP) – Le forze libiche hanno iniziato ad abbattere utilizzando bulldozer i muri che circondano il complesso di Bab al-Aziziya a Tripoli, a lungo quartier generale di Muammar Gheddafi. Secondo quanto spiega Ahmad Ghargory, comandante di una brigata ribelle, le forze di opposizione sono state occupate con la guerra, ma ora è il momento di “abbattere questo simbolo di tirannia”. Il comandante spiega che l’area sarà trasformata in un parco pubblico. L’enorme fortezza è stata uno dei principali obiettivi degli attacchi aerei della Nato negli ultimi mesi. I ribelli libici sono riusciti a prendere il controllo dell’area ad agosto dopo mesi di aspri combattimenti nella capitale.

Le forze del Cnt hanno già trasformato in mercato settimanale di animali il cortile davanti alla ex residenza di Gheddafi, da cui il raìs rilasciava molti discorsi pubblici per sollevare i suoi sostenitori durante la rivolta. I residenti di Tripoli frequentano ora Bab al-Aziziya come se fosse un museo, mentre mercanti vendono bandiere dei rivoluzionari e altri souvenir. Per molti libici, il compound è stato a lungo un mistero. Benché fosse uno dei punti principali della città, nessuna segnalazione indicava dove si trovasse. Pochi vi erano entrati e molti residenti dicono oggi di non essersi nemmeno mai avvicinati, temendo di venire arrestati dalle guardie di sicurezza.

“Non ho mai potuto entrare nell’edificio o passare da queste mura prima. Adesso non abbiamo più mura nella nostra vita”, continua Ghargory. Il complesso, ora decorato e coperto di graffiti, è stato oggetto dei bombardamenti della Nato da marzo, ma era già stato colpito da un raid nell’aprile 1986, come rappresaglia per un attentato in una discoteca di Berlino in cui morirono due soldati americani, di cui Washington riteneva Tripoli responsabile. Oggi la scultura che rappresentava il pugno che stringeva un jet statunitense, eretta dopo l’attacco aereo, è stata rimossa. Gheddafi accoglieva i suoi ospiti in tende in stile beduino installate vicino a due campi da tennis a circa 200 metri dalla casa di famiglia. “Tutte le brutte cose che sono successe – spiega il 25enne ribelle Tarek Saleh – sono avvenute dentro queste mura. Qui teneva i suoi mercenari e torturava la gente. Prima non potevamo accedervi e ora abbattiamo queste mura per non dover ricordare quei giorni bui”.

Continuano intanto i combattimenti nelle ultime roccaforti del regime. A Sirte, che sta venendo devastata anche da saccheggi, lealisti e forze ribelli continuano ad affrontarsi. Giornalisti di Associated Press hanno visto camion che trasportavano trattori, generatori industriali e mezzi pesanti sulla strada che porta da Sirte a Misurata. I reporter hanno inoltre riconosciuto attrezzature rubate dall’aeroporto di Sirte, tra cui scale mobili coperte da tappeti rossi, carrelli per bagagli, veicoli usati per rimorchiare aerei e strumenti utilizzati per effettuare controlli di sicurezza. Il tutto sarà probabilmente destinato al danneggiato aeroporto di Misurata. “Abbiamo confinato i lealisti in un’area di 900 metri per 700, ma i combattimenti sono difficili perché abbiamo paura di sparare sui nostri, sono tutti mescolati tra di loro”, spiega il comandante dei ribelli, Khaled al-Magrabi. Scontri sono in corso, infine, anche a Bani Walid. Secondo l’ufficiale dei ribelli Abdullah Kenshil, le forze del Cnt hanno preso il controllo dell’aeroporto della città, ma i lealisti stanno conducendo forti bombardamenti in altre parti dell’area.

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