Oslo (Norvegia), 7 ott. (LaPresse/AP) – La Primavera araba, l’Unione europea o la presidente della Liberia? C’è attesa per il nuovo vincitore del premio Nobel per la Pace che sarà annunciato alle 11 a Oslo. Per molti, i favoriti alla vittoria sono i rappresentanti dei movimenti rivoluzionari contro i regimi autocrati di Nordafrica e Medioriente. Secondo l’emittente norvegese Tv2, il premio potrebbe invece andare alla presidente liberiana Ellen Johnson Sirleaf, per aver promosso la pace e la democrazia nel Paese africano, e i diritti delle donne mentre lavorava all’Onu. Le ultime dichiarazioni di Thorbjoern Jagland, che dal 2009 guida il Comitato norvegese per il Nobel, hanno però fatto pensare che il riconoscimento possa essere assegnato all’Unione europea. Ieri Jagland ha dichiarato al quotidiano norvegese Vg che il vincitore di quest’anno “è coinvolto in qualcosa che è stato importante per me in tutta la vita”. Per questo molti hanno pensato all’Europa, di cui si è a lungo occupato.
Diversamente la pensa Kristian Berg Harpviken, direttore dell’Istituto per la ricerca sulla pace di Oslo, secondo cui più quotati sono gli attivisti egiziani Israa Abdel Fattah, Ahmed Maher e il loro April 6 Youth Movement, gruppo di Facebook, fondato nel 2008 per promuovere la democrazia. Il premio potrebbe andare anche all’attivista egiziano Wael Ghonim, responsabile del settore di Google per Medioriente e Asia, tra i promotori della rivoluzione egiziana del 2011, attraverso il proprio blog, oppure alla blogger tunisina Lina Ben Mhenni che ha iniziato a criticare il regime di Ben Ali prima dell’inizio delle rivolte a dicembre.
Tra gli ultimi candidati alla vittoria anche il ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu, per la sua intermediazione tra est e ovest, e l’organizzazione per i diritti umani russi Memorial, assieme alla sua fondatrice Svetlana Gannushkina. Infine, secondo il sito di scommesse paddypower.com, una bassa probabilità di vittoria è da accordare anche allo studioso americano Gene Sharp, i cui scritti hanno ispirato la Primavera araba, e all’attivista per i diritti umani afghana Sima Samar.
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