Los Angeles (California, Usa), 7 ott. (LaPresse/AP) – La coroner Elissa Fleak ha ammesso di aver fatto degli errori durante la raccolta di farmaci e di altre prove dalla camera da letto di Michael Jackson, dopo la morte del cantante, ma ha minimizzato i problemi dicendo che nessuna inchiesta è perfetta. La Fleak è stata interrogata in maniera aggressiva da Ed Chernoff, avvocato del dottor Conrad Murray, accusato di omicidio colposo per la morte di Jackson. Chernoff ha mostrato le immagini della stanza e indicato cose che erano state spostate.
Chernoff ha inoltre detto che la Fleak non notò di aver trovato una bottiglia del potente anestetico propofol e una flebo fino a marzo 2011, quasi due anni dopo la morte del cantante. “Sei d’accordo con me che ha fatto un numero considerevole di errori nella sua indagine?”, ha chiesto Chernoff. “No”, ha risposto Fleak. Il vice procuratore distrettuale David Walgren ha tentato di minimizzare i passi falsi. “Ms. Fleak – ha chiesto – ha condotto un’indagine perfetta in questo caso?”. “No”, ha risposto lei. “Avete mai condotto un’indagine perfetta?”, ha ribattuto Walgren. “No”, ha ammesso la testimone.
Alla Fleak venne assegnata l’indagine il 25 giugno 2009, quando Jackson morì, e subito andò nella villa per raccogliere le prove. Quattro giorni più tardi, dopo un interrogatorio in cui Murray rivelò alcuni particolari alla polizia, la Fleak tornò nella casa anche perché il medico aveva parlato di alcuni farmaci nascosti in un armadio.
Nonostante la difesa voglia dimostrare che Jackson prese da solo una dose letale di Propofol, nessuna sua impronta digitale è stata trovata sui medicinali. Una delle impronte di Murray era invece su un flacone da 100 ml di propofol, una dose molto più grande di quella che il medico sostiene di aver dato a Jackson il giorno della sua morte. Nell’udienza di oggi, la Fleak ha elencato i farmaci che sono stati trovati nella camera da letto di Jackson e nell’armadio. Alla fine della giornata, quasi quaranta bottigliette di medicine erano allineate in due file sul tavolo dell’accusa, di fronte ai giudici.
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